Quest’anno la Befana ha portato due regali alle concessionarie. Il solito “robusto” aumento dei pedaggi e la modifica del nuovo codice degli appalti. I concessionari dicono che “gli aumenti non dipendono da loro ma da direttive nazionali”, per il governo dipendono dal piano d’investimento delle concessionarie. Sta di fatto che ogni anno crescono i pedaggi nella giungla tariffaria delle 27 concessionarie italiane (record europeo per numero di gestori). Con il primo gennaio spiccano gli aumenti del 53% della Aosta-Morgex, della Milano Serravalle con +13,9%. La concessionaria, proprietaria della costruenda Pedemontana, deve sostenerne la situazione pre-fallimentare evidenziata dal tribunale di Milano.

Mentre le tariffe della Strada dei parchi cresce del 12,8%, frutto di una controversia giudiziaria tra Stato e concessionario che di recente ha visto la società vincere un ricorso al Tar per dei fondi utili alla messa in sicurezza dell’area a rischio sismico. Sorprendono gli aumenti delle nuove e sempre vuote tratte autostradali che hanno pedaggi già doppi rispetto a quelli della rete tradizionale, come le sempre deserte Brebemi con un +4,6% (+7,8% nel 2016), la Teem +2,7% (+1,9% nel 2016). Nonostante siano sostenute da generosi contributi pubblici, defiscalizzazioni, garanzie statali e regionali per tenere in piedi surretizzi project financing, con l’inflazione al 1,2%, gli aumenti del 3% (quasi il triplo) sono immotivati.

Diminuiscono i costi di gestione (aumenta l’automazione e sono scomparsi i casellanti visto che il 70% usa Telepass), mentre il traffico è cresciuto nello scorso anno del 2,3% e gli investimenti complessivi sulla rete sono crollati a 800 milioni di euro contro una media annuale di 2,4 miliardi/anno nel periodo 2008-2015. Piani fantasma d’investimento e di mitigazione ambientale giustificano l’autorizzazione governativa degli aumenti tariffari.

Concessionari e governo sono come i ladri di Pisa, litigano di giorno (finte gare e finti contenziosi) e si mettono d’accordo di notte (proroghe delle concessioni e aumenti tariffari accordati). Nel frattempo cresce la produttività sulla vecchia rete autostradale, già pagata dallo Stato. Dopo le privatizzazioni, le concessionarie si sono assicurate incredibili rendite di posizione grazie al rinnovo delle concessioni senza gara. Con esse sono arrivati, come al solito, anche lauti profitti ingiustificati che penalizzano gli utenti, aumentano il costo del trasporto merci e frenano l’economia. Il risultato è quello che nonostante il bollo auto regionale, i cittadini pendolari privi di alternative della rete ordinaria (buche, ponti pericolanti, gallerie buie e insicure, segnaletica orizzontale e verticale precaria) sono costretti a servirsi delle autostrade per recarsi al lavoro a causa di una rete stradale inadeguata gestita da Anas e dalle province.

Grazie al trasporto pubblico locale peggiore d’Europa, i forzati dell’automobile (oltre l’80% del totale dei pendolari) non hanno scampo: debbono usare e pagare le salate autostrade. Per concludere contrariamente a quanto previsto dalle norme anticorruzione contenute nel nuovo Codice degli appalti, che prevedevano per le aziende edili collegate o di proprietà delle concessionarie di potranno eseguire in “house” cioè senza gara, il 40% dei lavori sulla rete. Nella legge di stabilità un emendamento ha alzato la quota di lavori eseguibili in “house” dal 20% al 40%, lavori di manutenzione e costruzione, che andrebbero tutti messi a gara. Il patto corporativo concessionarie, sindacati e politica ha avuto un nuovo successo. La minaccia di licenziamenti è servita per evitare la trasparenza. Sarà così ancora possibile per i concessionari mantenere una rendita di posizione che potranno aumentare i lavori alle loro aziende senza la certezza che siano eseguiti al meglio e a un costo congruo. Sarà possibile per i concessionari aumentare i costi della manutenzione per giustificare nuovi aumenti tariffari.

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