Molti anni fa si diceva che non tutti gli ambientalisti sono Verdi e non tutti i Verdi sono ambientalisti. Se oggi applichiamo questa massima al Partito democratico di Matteo Renzi e C., la verità è ancora più evidente. Forse nel Pd c’è anche (ancora) qualche ambientalista, ma di certo, se anche (ancora) ci fosse, conterebbe ben poco. La politica del Pd degli ultimi anni nei confronti dell’ambiente è, quanto meno, agli stessi livelli di quella berlusconiana. Con l’unica differenza che il Pd non vuole ammetterlo.

Eppure, basta guardare quello che ci hanno sfornato negli ultimi anni i governi e le maggioranze Pd per capire che il valore Ambiente è l’ultima delle loro priorità: dalle trivellazioni “opere di interesse nazionale” al trionfo degli inceneritori, dalla smania di sottrarre rifiuti alla disciplina comunitaria all’abrogazione del Corpo Forestale dello Stato, dall’ammorbidimento delle sanzioni per i grandi impianti inquinanti (quelli con AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale) all’ultimo vergognoso capitolo sulle terre da scavo dove, con uno stile degno dei migliori magliari, si giunge ad affermare, in sostanza, che una terra contaminata da rifiuti e sostanze pericolose (ad esempio le terre della Tav) è come un terreno “allo stato naturale”.

E, per carità di patria, non apro il capitolo Ilva.

Peraltro, anche quando si è fatto qualcosa di buono, non si è arrivati fino in fondo. La legge sugli ecoreati è certamente una importante vittoria ambientalista (di tutti gli ambientalisti) ma non a caso oggi funziona soprattutto per la parte che consente una sostanziale sanatoria per chi ha violato il testo unico ambientale, mentre la parte più importante – quella sui nuovi delitti – stenta a decollare in quanto troppo spesso il testo è frutto di compromessi, con termini che si prestano al dubbio (per fortuna, ci sta pensando la Cassazione a far luce, riempiendo i vuoti del legislatore).

Allo stesso modo, in una materia di fondamentale importanza quale quella dei controlli ambientali, si è approvata finalmente una legge di riordino ma “a costo zero” e cioè senza risorse per funzionare. E infatti non funziona: di modo che il governo sta incentivando autocertificazioni e controlli “privati” da parte degli stessi interessati.

Insomma, mi sembra innegabile che la politica del Pd di Renzi e C. non privilegi affatto il valore Ambiente ma, al contrario, punta tutto sulla crescita quantitativa a breve termine. Tanto è vero che ancora in questi giorni, in controtendenza con il resto d’Europa, incentra la sua politica energetica sui materiali fossili e non sulle fonti rinnovabili.

In questo quadro sommariamente delineato, si può realisticamente pensare che qualcosa cambi in questa politica se alle prossime elezioni sarà presente, accanto al Pd, una formazione con il simbolo dei Verdi, destinata, realisticamente, a raccogliere qualche decimale di voto?

Appare evidente, cioè, che l’unico scopo di questa operazione è di consentire a Renzi e C. di poter dire che il Pd non è isolato e senza alleanze ma fa parte di una coalizione ampia che include anche gli ambientalisti. Il che non è vero, anzi è vero il contrario. Nessun ambientalista dovrebbe prestarsi a questo imbroglio: meglio far scomparire il sole che ride dalla scena politica che accomunarlo al partito della “crescita”, delle trivelle e delle grandi opere.

Per fortuna, il destino del valore ambiente non è legato alla presenza di un paio di Verdi in Parlamento, anche se possono vantare un passato da ambientalisti. Tanto più se dovessero venire eletti con i voti del partito della “crescita”, delle trivelle e delle grandi opere. E tanto più che oggi la stragrande maggioranza degli ambientalisti presenti in politica non ha in tasca la tessera dei Verdi che si alleano con il Pd.

Molti anni fa sono stato “garante” per la nascita del Verdi in politica. Non vorrei, oggi, essere testimone della loro fine.

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