La proposta riporta alla mente la Colombia a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Ma questa volta è il Messico, dove nel solo stato di Tijuana si sono registrate 1601 esecuzioni nel 2017, a ipotizzare una trattativa dello Stato con i cartelli della droga. Una situazione analoga a quella tentata dalle autorità di Bogotà con Pablo Escobar, come sanno bene gli amanti della serie tv Narcos.

L’idea è venuta ad Andres Lopez Obrador, leader storico della sinistra messicana e candidato favorito alle presidenziali del 2018: offrire ai boss dei cartelli del narcotraffico un accordo di pace in cambio dell’amnistia. La mossa, senza precedenti nella storia del Messico, ha sollevato un coro di critiche unanime da parte dei suoi avversari dopo l’annuncio di Obrador, che ne ha parlato sabato durante un meeting politico nello Stato di Guerrero, uno degli epicentri della violenza criminale che sta insanguinando il Paese.

Ha preso come esempio l’accordo di pace siglato dal Salvador nel 1992, quando il governo scese a patti con la guerriglia del Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale con una stretta di mano che mise fine a 12 anni di sanguinosa guerra civile. E uno schema simile fu cercato anche dalle autorità colombiane con il re del narcotraffico, Pablo Escobar, negli stessi anni.

Adesso Obrador vuole riproporre la stessa formula in Messico: si tratterebbe, ha spiegato il favorito alle presidenziali, di definire “un accordo di pace per fermare la guerra e la violenza e dare inizio a un nuovo governo di pace” nel 2018, offrendo a cambio una amnistia ai “boss dei cartelli della droga”. La sua proposta ha scatenato le opposizioni, che hanno paragonato la sua idea proprio a quanto avvenuto anni fa in altri stati del Centro e Sud America.

Ricardo Anaya, leader del Partito di Azione Nazionale ha respinto la proposta, sottolineando che “in Colombia il governo provò a negoziare con Pablo Escobar quando era a capo del cartello di Medellin, e fu un vero disastro“. Anche José Antonio Meade, candidato presidenziale del Partito Rivoluzionario Istituzionale, attualmente al governo, ha criticato Obrador, spiegando che il suo movimento vuole “essere dalla parte delle vittime, non dei carnefici”.

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