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Modalità elezioni: Renzi 2, la vendetta

Modalità elezioni: Renzi 2, la vendetta
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Chiudendo la Leopolda, Matteo Renzi ha detto che il Pd deve mettersi «in modalità elezioni». Insomma, basta con la discussione interna («il congresso permanente»). Basta, in particolare, con la discussione sulle alleanze dopo il voto: sennò gli elettori capiscono quel che non devono capire. Ossia che nel Parlamento eletto con il Rosatellum l’unica maggioranza possibile è quella con Forza Italia: e ancora potrebbe non bastare. Del resto, dopo l’intervista in ginocchio di Fabio Fazio a Berlusconi, tutti hanno capito che ormai restano solo da limare i dettagli. Ad esempio: Gentiloni o un generale dei carabinieri presidente del Consiglio? A occhio, direi piuttosto un tecnico, tipo Draghi: e ci andrebbe già bene.

Poi Renzi ha mandato altri segnali, nel segno di quel grilloberlusconismo mediatico – populismo? – che da sempre è il suo marchio di fabbrica. Il M5S promette il reddito di cittadinanza? E lui rilancia con gli ottanta euro alle famiglie con figli: complimentoni, detto così sembra la solita mancia, invece dovrebbe essere un diritto. Ma sarà difficile anche per lui raggiungere i vertici di Berlusconi: il quale, sempre da Fazio, ha promesso pensioni minime a mille euro, abolizione del bollo auto e – uno di questi giorni capiterà – cene eleganti per tutti. Così uno si chiede: ma siamo sicuri che le elezioni siano il modo migliore per indicare i governanti? Non saranno meglio il casting, il sorteggio, il giudizio di Dio?

Di questo passo, finirà che il sottoscritto, e non solo lui, farà come diceva Oscar Wilde in casi del genere: si troverà un impegno per il giorno delle elezioni. Nel frattempo, però, richiamo l’attenzione sulla metafora della «modalità elezioni». Modalità: come se il Pd fosse uno smartphone, che si può mettere in modalità elezioni oppure in modalità uso aereo (non disturbare il pilota). E segnalo un ultimo particolare piccante. Quando mai non è stato in modalità elezioni, il Pd renziano? Altro che «congresso permanente»: lo statista di Rignano era in campagna elettorale permanente anche quando avrebbe potuto limitarsi a governare. E poi dice che uno si butta a sinistra.

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