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Egitto, il fotoreporter Shawkan è ancora in carcere. Ma il giornalismo non è un crimine

Egitto, il fotoreporter Shawkan è ancora in carcere. Ma il giornalismo non è un crimine
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Superati quattro anni e tre mesi di carcere, dopo quasi 40 rinvii, domani al Cairo si terrà l’ennesima udienza del processo contro il foto-giornalista egiziano Mahmoud Abu Zeid, detto Shakwan.

Shawkan, 30 anni compiuti pochi giorni fa, è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana. Fu un massacro, il primo dell’era al-Sisi, con centinaia e centinaia di morti in un solo giorno. Qui Mark Giglio, corrispondente per BuzzFeed, ricorda quelle ore.

Dalla prima volta che Shawkan è comparso di fronte a un giudice, il 14 maggio 2015, il processo viene purtroppo regolarmente aggiornato. Le sue condizioni di salute sono sempre più precarie. Qui, una lettera scritta dal carcere ormai un anno e mezzo fa.

Shawkan rischia una condanna all’ergastolo per questo lungo elenco di accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.

Il suo “reato” è solo quello di aver fatto il suo lavoro. Si chiama giornalismo.

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