di Federica Pistono

Il romanzo giallo nella letteratura araba talvolta è stato, e spesso è tuttora, un pretesto per formulare una denuncia sociale, per mettere a nudo, dietro lo schermo di una storia imperniata su un delitto o su un mistero, problematiche quali la corruzione e l’inefficienza della polizia, la burocrazia che svilisce e ridicolizza i drammi umani, la distanza incolmabile tra popolo e istituzioni. Esemplare, in questo senso, il romanzo di Tawfiq al-Hakim Diario di un procuratore di campagna (Nottetempo, 2005, trad. S. Pagani).

Pubblicato in Egitto nel 1937, il romanzo, che a distanza di tempo non ha perso nulla della sua freschezza, inserisce in una cornice poliziesca l’immagine tragicomica di una società provinciale, in cui le istituzioni si contrappongono ai piccoli poteri locali, schiacciando, nel mezzo, i contadini oppressi tanto dalla povertà quanto dalla macchina repressiva statale. Il magistrato-narratore racconta la vicenda di un contadino assassinato in una cittadina del Delta del Nilo. Vedovo, l’uomo conviveva con il figlio e con la giovane e bellissima cognata, unica testimone del delitto, che presto scompare senza lasciare traccia. Per dodici giorni, il giudice, coadiuvato da una squadra di poliziotti inetti e corrotti, indaga per risolvere il caso e ritrovare la ragazza. Il lettore segue l’inchiesta di un procuratore intelligente e scrupoloso ma ormai disilluso dal malfunzionamento dell’apparato giudiziario, lo vede lottare con l’inefficienza della polizia, scontrarsi con la diffidenza popolare, perdersi nei meandri di una burocrazia attenta alla forma e indifferente alla sostanza. Attraverso un dedalo di procedimenti minori, contenziosi, ammende e scartoffie, il lettore scopre un mondo drammaticamente simile a quello attuale e, sospinto dalla curiosità, segue il magistrato che, però, non offre verità né speranza. Rassegnato, intuisce e capisce ma non presenta una soluzione: l’archiviazione somiglia a una forma di resa. L’opera è considerata un classico della letteratura araba contemporanea.

Sempre di ambientazione egiziana, anche se molto più recente, Vertigo di Ahmed Mourad (Marsilio, 2012, trad. B. Teresi) è un romanzo che, senza mai rinunciare all’ironia, denuncia il malcostume del paese, ponendosi come una fotografia nitida e lucida di una classe politica corrotta e di una polizia ambigua, asservita al potere, vendicativa. Il libro dipinge magistralmente il senso di disordine che pervade la nazione, la vertigine che avvolge la società, confondendo ruoli e concetti, trasformando chi dovrebbe difendere il bene pubblico in un corrotto paladino di interessi privati. Il romanzo prende il titolo dal Vertigo, locale notturno, luogo di incontro per la gente importante del Cairo. Ahmed, giovane fotografo, assiste per caso all’omicidio di due uomini d’affari noti per i loro legami con i vertici del potere e scatta le immagini degli assassini. Testimone scomodo, Ahmed si ritrova coinvolto nell’ingranaggio spietato della lotta per il controllo dei media e, intrappolato in una rete di giochi di potere, è costretto a nascondersi in una metropoli gigantesca e in fermento, trovando riparo nei locali notturni popolati da baristi, taxisti e danzatrici del ventre. Mistero, ironia, denuncia sociale si fondono in quest’opera, che presenta un ritratto vivido del mondo ingordo di affaristi e politici che si arricchiscono a spese della società. L’autore non rinuncia però a lanciare un messaggio di speranza per i giovani che, come Ahmed, sono pronti a rischiare la vita per cambiare le cose.

Di ambientazione saudita, Il collare della colomba di Raja Alem (Masilio, 2014, trad. M. Avino) prende le mosse da un delitto e dalla scomparsa di una donna, fatti che avvengono in un malfamato vicolo della Mecca. La voce narrante è proprio la strada, Aburrus, il Vicolo delle Teste, che racconta non soltanto una vicenda poliziesca ma anche la storia di un’urbanizzazione selvaggia, che, – come ha affermato l’autrice – è stata verticale e orizzontale, “così intensa da portare addirittura al progetto di una Kaaba d’acciaio”. Nel vicolo viene rinvenuto il cadavere nudo di una donna dal volto sfigurato. La polizia indaga, suscitando negli abitanti del quartiere il timore che antichi segreti, gelosamente custoditi, possano essere svelati. Storie di famiglia, amori proibiti, intrighi di una città in mano a società immobiliari senza scrupoli. L’autrice affronta il tema del cambiamento e del passaggio dalla tradizione alla modernità ma anche quello della corruzione, offrendo al lettore un ritratto inedito dell’attuale società saudita, stretta tra antichissime tradizioni e tensioni verso la modernità.

Tre splendidi romanzi, che possono essere apprezzati tanto da chi ama il genere “giallo” quanto da chi desideri gettare uno sguardo curioso su storie poliziesche dall’ambientazione sicuramente insolita.

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