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Malaria, lo studio inglese: “In Italia ogni anno 637 casi importati da Paesi dove la malattia è endemica”

Secondo uno studio dei ricercatori di Southampton pubblicato da Lancet Infectious Diseases, il nostro Paese è secondo solo a Francia, Gran Bretagna e Usa. I dati del ministero della Salute tra 2010 e 2015: tra i cittadini italiani riscontrati il 20% dei casi, soprattutto per viaggi di lavoro. Nessuno però è autoctono, come quello che avrebbe colpito la bambina di Trento
Malaria, lo studio inglese: “In Italia ogni anno 637 casi importati da Paesi dove la malattia è endemica”
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In Italia ogni ci sono 637 casi di malaria importati da Paesi dove la malattia è endemica. Lo riporta una studio pubblicato da Lancet Infectious Diseases. I ricercatori dell’università di Southampton hanno raccolto le segnalazioni tra il 2005 e il 2015, cercando di definirne la provenienza sulla base del ceppo di plasmodio, il parassita trasmesso dalle zanzare, e costruendo un database di oltre 50mila pazienti in 40 nazioni dove la malattia non è endemica. Nel 56% dei casi, scrivono gli autori, ad ‘esportare’ la malaria sono paesi dell’Africa occidentale, con rotte preferenziali che seguono quelle dei voli commerciali. L’Italia con i suoi 637 è seconda solo a Francia, in media quasi 2200, Gran Bretagna, circa 1800, e agli Usa (1500).

Sofia, la bambina di 4 anni morta all’ospedale di Brescia, sarebbe però stata colpita da un caso di malaria autoctona, il primo nel nostro Paese da trent’anni. Secondo la circolare del ministero della Salute sulla prevenzione, pubblicata lo scorso dicembre, nel periodo 2010-2015 i casi di malaria notificati sono stati in totale 3.633, di cui 89% con diagnosi confermata. Tra i cittadini italiani si sono riscontrati il 20% dei casi, di cui il 41% in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21% per volontariato o missione religiosa. Nessun caso autoctono.

Nel mondo, afferma l’ultima edizione del World Malaria Report, nel 2015 ci sono stati 212 milioni di casi con 429mila morti. Il 90% dei casi si è verificato in Africa, il 7% in Asia e il 2% nell’est mediterraneo.

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