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Yazidi, quel genocidio dimenticato

Yazidi, quel genocidio dimenticato
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Il 3 agosto, il terzo anniversario dell’inizio del genocidio degli yazidi è passato inosservato, salvo poche eccezioni. Eppure, il ricordo di quei giorni dell’agosto del 2014 in Iraq e Siria è ravvicinato, e di quei due paesi si parla in continuazione: se ne parla meno dei popoli che vi vivono o, nel caso degli yazidi, vi sopravvivono.

In pochi giorni, nel nord dell’Iraq, lo Stato islamico fece terra bruciata. Con le forze irachene in ritirata, quelle curde prese di sorpresa e prive di reazione, vennero uccise almeno 3.100 persone, per lo più uomini in età da combattimento. Altre 6.800, in larga maggioranza donne e bambini, furono rapite e trasferite in Siria per essere ridotte in schiavitù sessuale, date in premio a qualche comandante, vendute e comprate e tenute in ostaggio a scopo di riscatto.

Un anno fa, in questo blog, avevo riportato alcune testimonianze di donne che erano riuscite a fuggire, erano state liberate o avevano pagato il riscatto, di solito diecimila dollari. A leggere le loro parole si resta senza fiato. Nelle mani dello Stato islamico restano ancora tremila ostaggi. E dunque, il progetto genocida contro un popolo di “infedeli” continua a essere portato avanti. Malgrado lo straordinario sforzo della missione Yazda e di altre organizzazioni non governative, il sostegno alle donne e alle ragazze liberate, così come ai loro figli, è del tutto inadeguato.

L’assistenza umanitaria fornita da alcuni governi e dalle agenzie delle Nazioni Unite è insufficiente e di qualità variabile. Fa eccezione un programma finanziato dal governo tedesco e attuato in alcuni Lander, tra cui soprattutto il Baden-Wurttemberg, che ha dato asilo e assistenza a oltre duemila donne e bambini.

Tra un mese uscirà, primo in Italia e tra i primi in Europa, un saggio sulla storia e la cultura degli yazidi e sulle persecuzioni che hanno subito. S’intitola Il genocidio degli yazidi. L’Isis e la persecuzione degli “adoratori del diavolo” e lo ha scritto Simone Zoppellaro, che da anni cerca di tenere viva l’attenzione sui genocidi del passato e su quelli presenti. Suggerisco di appuntarvi titolo e autore.

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