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L’odio off-line

L’odio off-line
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Per quanto scostante, l’anima tende all’altro. A tratti invia posta indesiderata. In un periodo che celebra di continuo l’incomunicabilità e nonostante i filtri, la ricerca di un contatto resta ancora l’hobby più diffuso. Sui social network il fenomeno è in piena: tanto meno ci si capisce quanto più si comunica. In certi casi si aggiunge malinteso a malinteso, chi arriva nella discussione lo fa sul frainteso precedente dentro un innovativo subappalto dell’incomprensione. Per essere incisivi s’inaspriscono le opinioni, tono e mimica passano per facce gialle e maiuscolo d’assalto. Come se il Caps Lock potesse dare statura a concetti comunque dozzinali.

La disperazione svetta però nell’asocialità ostentata: si ricerca un contatto negandone il bisogno. Misantropia sociale. Capolavori d’arte moderna. Il flusso di informazioni che si muove sui Social è una parata di pensieri-manifesto da scorrere via: ultime mode, necrologi sentiti, battutismo arguto. L’altro come slogan. I titoli di testa di un’epoca, presentati come un rullo di certezze in affermativo. Al suo interno l’odio svetta su percentuali importanti, e in mancanza di meglio è il ponte concettuale che lega le persone sul web. Ma oltre quello tangibile ne esiste una forma meno vistosa: l’odio off-line. Quel sentore subliminale registrato alla vista di un contenuto. Una memoria interna fatta di giudizi lapidari che restano appesi in qualche angolo senza bisogno di connessione. Come lampadari. Breviario di rabbie, invidie, sensazioni scomode. Ci si offende, si tralascia, si ripensa. Con l’altro all’oscuro di tutto. Per una frase letta, una foto in bella vista, qualche spunta ignorata o visualizzazione non corrisposta. Si riveste una persona di impressioni. Moda interpersonale estate/inverno. Partecipano anche i più silenziosi, senza commentare.

Nella peggiore delle ipotesi alle prese con le stesse dinamiche, in un tragico gioco di rimandi dentro una impalpabile stanza degli specchi. Senza schermo a schermare. E’ un diverbio sotteso, solo intuito. Un dibattito interiore proiettato in prima serata sull’altra persona: il maxischermo del pre-supposto.

In rete la relazione cambia forma e sostanza in tempi brevi, è richiesta una presenza costante anche nell’assenza. Qualcosa scava piano e somma incomprensione a mancanza. Fino all’immancabile incontro. Fuori, in una realtà virtuosa dove si vive il dramma di non poter contrassegnare gli altri come spam. Bloccare una persona e relativa personalità visualizzandone meno contenuti. Tra sorrisi di circostanza più o meno consapevoli della disputa che ha visto sul campo solitari, prolifici e introversi partecipanti.

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