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Italiani all’estero, chi si trasferisce senza iscriversi all’Aire rischia di pagare le tasse due volte. Ecco come evitarlo

Chi risulta ancora residente nella Penisola deve ricordarsi di presentare la dichiarazione dei redditi e versare l’eventuale differenza rispetto alle imposte versate nel Paese dove lavora. Altrimenti perde il beneficio del credito di imposta. La manovrina ci mette una pezza, ma è solo una soluzione a termine
Italiani all’estero, chi si trasferisce senza iscriversi all’Aire rischia di pagare le tasse due volte. Ecco come evitarlo
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Rischio doppia imposizione per chi emigra e tralascia di iscriversi nell’Anagrafe Italiana Residenti Estero (Aire). A lanciare l’allarme è il parlamentare Pd Marco Fedi, eletto nella circoscrizione estero, ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide. “Sono decine di migliaia i giovani italiani recatisi a lavorare all’estero e che, ignari della normativa sulla tassazione del reddito conseguito all’estero, rischiano di essere sottoposti a doppia imposizione fiscale senza poter tuttavia usufruire del credito di imposta”, spiega il parlamentare. “Tutto ciò solo per il fatto di non essersi iscritti all’Aire e di risultare quindi ancora residenti in Italia, per cui soggetti a tassazione (anche) in Italia sul reddito conseguito all’estero”, precisa. Secondo Fedi la questione è una vera e propria “bomba ad orologeria” che potrebbe “colpire duramente le ‘tasche’ delle nuove generazioni di emigrati”. Per questo è necessario che il governo intervenga rapidamente eliminando distorsioni.

Intanto però, meglio far chiarezza sugli effetti derivanti dall’iscrizione all’Aire. Innanzitutto il cittadino italiano che risieda stabilmente all’estero per un periodo superiore a un anno è obbligato a iscriversi all’anagrafe degli italiani all’estero. In questo modo, il suo nome viene cancellato dal comune di ultima residenza e inserito nella lista speciale di coloro che vivono stabilmente fuori dal Paese. Questo passaggio ha diverse conseguenze. Gli iscritti Aire possono ad esempio votare all’estero nelle tornate elettorali nazionali ed europee, ma non hanno più diritto all’assistenza sanitaria in Italia e perdono il medico di base. Inoltre, sotto il profilo fiscale, l’iscrizione all’Aire consente all’italiano all’estero di pagare le tasse direttamente nel Paese ospite.

Senza iscrizione invece, si rischia di pagare un conto salato. Innanzitutto bisognerà ricordarsi di presentare ogni anno una dichiarazione dei redditi anche in Italia. Sarà necessario quindi pagare l’eventuale differenza fra le imposte versate nel Paese di emigrazione e l’Italia. Ma si potrà beneficiare del credito d’imposta detraendo le tasse pagate fuori dai confini nazionali ed evitando così la doppia tassazione.

Tuttavia, in assenza del deposito della dichiarazione dei redditi, l’italiano all’estero perde automaticamente il beneficio del credito d’imposta. Scatta così inesorabilmente la doppia tassazione. Sulla base dell’articolo 165 del Testo Unico Imposte sui Redditi, “coloro i quali lavorano all’estero, non iscritti all’Aire, risultano residenti in Italia. Devono quindi pagare le imposte sul reddito in Italia – conclude l’onorevole Fedi – E se non hanno fatto annualmente la dichiarazione dei redditi in Italia, non hanno diritto al credito di imposta. Saranno quindi tenuti a pagare le tasse sul reddito sia nel Paese di lavoro che in quello di residenza”.

Non si tratta di un problema di poco conto, ma la soluzione non è dietro l’angolo e trovarla spetta al Parlamento. Per ora una toppa ce la mette la manovrina con un emendamento che stabilisce l’accesso al credito d’imposta per chi aderisce alla voluntary disclosure. Ma si tratta chiaramente di un provvedimento a termine con una finestra che si chiuderà a fine luglio. Per Fedi, invece, è necessario trovare una soluzione strutturale al problema. Intanto nelle more, chi emigra, meglio si iscriva all’Aire.

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