Sono seduta in prima fila al Teatro Vascello di Roma, dove tra pochi minuti comincerà lo spettacolo Scapezzo: di (e con) Nicola Vicidomini, con la (ottima) regia di M Deborah Farina (suo il documentario Down by Di Leo, dedicato all’omonimo maestro del noir). Su ciascuna poltroncina è appoggiato un sacchetto di plastica celeste, e di sacchetti di plastica è in parte composta anche la scenografia minimale e scarna.  Lo spettacolo è un mix di personaggi, maschere, sketch, alcuni dei quali già proposti nelle sue apparizioni televisive passate.

Per chi, come me, assiste la prima volta a questo show, quello che colpisce è innanzitutto la girandola mirabolante di parole senza interruzione, in un flusso continuo di gesti, azioni e movimenti convulsi, che diventano tormentoni e con i quali si riesce a entrare in sintonia immediatamente, dopo lo stupore iniziale. Vicidomini si presenta fisicamente pronto a scandalizzare: capelli lunghi spettinati e incolti, blusa grezza, apparentemente invernale (forse veramente tale, chissà) tanto da immaginarla scomoda e pruriginosa, aperta su un petto villoso. Ai piedi, ciabatte e calzino bucato. Dopo poco, i pantaloni sono letteralmente bagnati (per via di un palloncino di scena fatto esplodere appositamente sulla gamba).

E bagnato è anche il palco dove cammina, balla, salta, si dimena, si rotola. I suoi gesti sono a volte indecenti e le parole, in un dialetto meridionale di non so dove, in qualche caso scurrili. Non sta mai fermo, a parte quando canta e suona (bravo pianista), esibendosi in qualche suo ‘standard’. Scimmiotta qualche risata del pubblico, provocandone subito un’altra. Un megafono ripete ossessivamente: Armando George, Armando George, Armando George. A un certo punto anche noi siamo esortati a ripeterlo ipnoticamente, in un mantra collettivo assurdo.

Si ride per i problemi di matematica surreali che propone, ognuno dei quali conclude con un Risuolve. Si ride per le foto e i versi dei personaggi del “fotoromanzo”, si ride anche quando si rischia di prendersi uno sputo. Nella sua originalità, si intravedono (solo a tratti) un Nino Frassica(con il quale vanta ripetute collaborazioni in radio e televisione) però selvaggio, scomposto e meno garbato, e qualche pennellata di Antonio Albanese (nel personaggio di Frengo). Azzeccata la presenza di Italo Vegliante (caratterista di numerosi film di genere, già visto in televisione a stracult) e il performer Sarò Zero, insieme un trio eccezionale.

Mettendo d’accordo intellettuali e popolo, è infatti amato da entrambi, attraversa trasversale radio, televisione e teatro, dove già in passato lo spettacolo è stato sold out e così anche in questa nuova occasione romana. Sboccato, irriverente, fisico, rude, sudato, bagnato, scomodo, dissacrante:”Gli anni passano e non so cosa fare. Mi vesto come un zincaro, sto tutto sporco: a lavarmi, non mi lavo. A fetare, feto.A faticare, non fatico.Mi sono detto: o faccio sport o faccio… Scapezzo!”. Grande Nicola Vicidomini.

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