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Bullismo, la generazione digitale sul web: sì agli insulti da smartphone e paura di molestie dagli adulti

In occasione del “Safer Internet Day 2017” e della prima giornata nazionale contro il bullismo, due indagini di Telefono Azzurro e di Generazioni Connesse fanno luce sull'uso del web da parte dei ragazzi. Il 40% di chi ha tra i 14 e i 18 anni trascorre più di cinque ore al giorno online
Bullismo, la generazione digitale sul web: sì agli insulti da smartphone e paura di molestie dagli adulti
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Trascorrono più di cinque ore al giorno in rete, non hanno alcun timore ad insultare i compagni dietro a smartphone e pc ma hanno una gran paura di ricevere richieste sessuali da adulti o di essere molestati nelle App di gioco. È la fotografia che esce da due indagini (una del Telefono Azzurro e l’altra di Generazioni Connesse) presentate oggi in occasione del “Safer Internet Day 2017” e della prima giornata nazionale contro il bullismo. Per la prima volta in Italia, in concomitanza con la giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europeastudenti, istituti scolastici e partner che aderiscono all’iniziativa (promossa tra gli altri da ministero dell’Istruzione con la polizia postale, Autorità del Garante per l’infanzia, Save The Children e Telefono Azzurro) riflettono sul cyberbullismo.

Un problema da non sottovalutare visto che nell’ultima indagine condotta da Telefono Azzurro e Doxa kids su un campione di 600 12-18enni italiani quasi un ragazzo su dieci di quelli intervistati ha dichiarato di aver diffuso informazioni/video che umiliano qualcuno. Ma non solo. Più di un ragazzo su sei (21%) ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo e più di uno su dieci (12%) individua in Internet il contesto in cui sono avvenute queste violenze con maggiore frequenza.

Dai dati emerge inoltre che il 40% dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni trascorre più di cinque ore al giorno online. Facebook ormai passa al secondo posto in classifica degli strumenti utilizzati dagli adolescenti: i ragazzi preferiscono Whatsapp. Un tempo trascorso non sempre bene: secondo la ricerca di “Generazioni Connesse” tre intervistati su 10 (il 29%) hanno messo un “like” ad un post che insultava o criticava aspramente un loro coetaneo; mentre uno su dieci ha commentato con insulti o criticato “aspramente” un coetaneo sui social network. Quasi (il 28% di persona non avrebbe usato le stesse parole. Mentre se incontrassero qualcuno che insulta un coetaneo il 14% dei ragazzi non farebbe nulla pensando “non è una cosa che mi riguarda”.

Numeri che conosce bene Teresa Manes, la mamma di Andrea Spezzacatena, il giovane che tre anni fa si è impiccato dopo che era stata aperta una pagina in Facebook contro la sua presunta omosessualità. Teresa porta avanti una battaglia civile con l’Associazione italiana prevenzione bullismo: “Di fronte a tragedie come quella che è accaduta a me, c’è la sconfitta di tutti. Queste giornate servono a sottolineare l’attenzione che serve per contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. La vera arma è la prevenzione. Bisogna cercare di fare sensibilizzazione nelle scuole dove a volte alcune condotte illecite vengono messe in pratica perché non c’è una conoscenza del fenomeno”.

La mamma di Andrea conosce bene lo schema di Legge da poco approvato a palazzo Madama e lo approva: “La legge sul cyberbullismo è un passo importante: l’attenzione del legislatore era necessaria. Non è questione di normare perché dentro la definizione della parola bullismo a volte ci sono casi che non rientrano ma che sono altrettanto gravi. E’ un fatto culturale. La figura del referente a scuola è essenziale, forse l’avrei preferita esterna”.

Ma l’appello è anche per la magistratura che nel caso di Andrea ha archiviato il caso: “La sensibilizzazione – spiega Teresa Manes – dev’essere a 360 gradi: nell’epilogo della vicenda giudiziaria che ci ha riguardato noi abbiamo un’ interpretazione diversa da quella della magistratura. Si è detto che non si trattava di omofobia e nemmeno di bullismo ma mi viene difficile pensare che il primo reato non ci fosse quando è stata chiusa una pagina su Facebook su disposizione dell’autorità proprio per lo sfondo omofobico. E’ stato negato anche il nesso tra le dichiarazioni ignobili sui social e il gesto di mio figlio”.

Intanto dall’ex caserma “Guido Reni” a Roma è la ministra Valeria Fedeli ha lanciato la campagna “Un Nodo Blu – le scuole unite contro il bullismo” e presentato lo spot televisivo ideato con la collaborazione degli studenti dell’istituto superiore “Pertini” di Alatri, che andrà in onda proprio a partire da oggi sulle reti Rai, Sky, Mediaset, Mtv, Discovery e La7.

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