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Linkedin, rischio chiusura in Russia. Ente governativo chiede il blocco ai provider

L'accusa al social network è quella di non archiviare i dati degli utenti in un server sul territorio della federazione, secondo una legge del settembre 2015. Il 10 novembre il tribunale distrettuale di Mosca Tagansky ha rigettato il ricorso del sito web. Anche altri social, come Facebook e Twitter, potrebbero entrare nel mirino dell'agenzia
Linkedin, rischio chiusura in Russia. Ente governativo chiede il blocco ai provider
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Sempre più consistente il rischio chiusura per Linkedin in Russia. Rockomnadzor, l’ente governativo russo preposto al controllo dei mass media e delle telecomunicazioni, ha annunciato di aver chiesto agli internet provider di bloccare il social network per professionisti più famoso al mondo. L’accusa: Linkedin viola la legge sul trattamento dei dati personali non archiviando i dati dei suoi utenti in server nel territorio russo.

L’agenzia russa ha diffusa una nota in cui si legge che “il social LinkedIn è stato inserito nel registro dei siti che violano le regole per la protezione dei dati personali  sulla base della sentenza di un tribunale e della sua entrata in vigore e deve essere bloccata dagli operatori”. La decisione arriva dopo che il 10 novembre il tribunale distrettuale di Mosca Tagansky ha respinto il ricorso della compagnia che è la prima a scontrarsi con Roskomnadzor, sulla legge varata nel settembre 2015 che impone alle compagnie esteri di conservare i dati personali degli utenti russi all’interno dei confini del Paese.

Alla compagnia – dichiara il portavoce dell’agenzia, Vadim Ampelonsky – erano stati inviati due diversi solleciti per l’attuazione di quanto previsto dalla legge, entrambi rimasti senza risposta. “Se LinkedIn sarà effettivamente bloccato, sarà un segnale per le compagnie che non hanno trasferito i dati personali dei russi. Questo riguarda Facebook, Twitter e tutti gli altri operatori stranieri”, aveva dichiarato il consigliere del Cremlino per il web German Klimenko, in una intervista a Kommersant il mese scorso, dopo la prima sentenza del tribunale.

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