“L’Italia mi ha versato il risarcimento di 75mila euro che la Corte europea dei Diritti dell’uomo l’aveva condannata a pagare e spero che anche il governo americano faccia lo stesso”. Osama Hassan Mustafa Nasr, detto Abu Omar, era imam a Milano quando fu portato via da un commando della Cia il 17 febbraio 2003 con l’aiuto di un maresciallo del Ros, perché ritenuto pericoloso. Ma se non fosse stato rapito in Italia sarebbe stato processato, come poi avvenuto, perché su di lui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare per terrorismo. Intervistato dall’Aki-Adnkronos International conferma di essere stato indennizzato. L’egiziano fu portato via Germania in Egitto e consegnato alle autorità de Il Cairo. Lì Abu Omar fu torturato.

Quando il 23 febbraio 2016 la Corte di Strasburgo aveva condannato l’Italia a risarcire Abu Omar la motivazione di quel verdetto chiarirono una volta per tutte che lo scudo, innalzato dai tutti i governi degli ultimi anni con il segreto di Stato, aveva garantito l’impunità dei responsabili. In Italia i processi infatti si sono risolti con il non luogo a proceder. E così che gli 007 dell’allora Sismi ne sono usciti indenni. E chi è stato condannato, ovvero gli agenti statunitensi che lo prelevarono e lo consegnarono all’Egitto, non sconterà mai la pena. Alcuni sono stati nel tempo graziati da Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, per gli altri non è addirittura andata avanti la richiesta di mandato di arresto internazionale. Poco più di un anno fa fu fermata e rilasciata in Portogallo l’ex agente Sabrina De Sousa per cui era stata avviata l’estradizione, ma tre settimane fa durante l’udienza per l’affidamento ai servizi sociali – la donna condannata a 7 anni dovrebbe scontarne 4 perché ha usufruito dell’indulto – l’avvocato aveva spiegato che la donna si troverebbe in India. Nessuno dei 23 agenti della Cia condannati è mai tornato, finora, in Italia per scontare la pena e alcuni sono stati graziati dal Quirinale.

In questo pasticciaccio la cronaca giudiziaria ha dovuto registrare anche uno scontro dialettico tra Cassazione e Corte Costituzionale. Gli ermellini, nelle motivazioni del proscioglimento “ineludibile” dei vertici del Sismi, scrivevano nero su bianco che – abbassando il “nero sipario” del segreto di Stato, esteso a dismisura sull’allora servizio segreto – la Consulta aveva abbattuto in radice ogni possibile controllo della magistratura sul potere di segretazione consegnandolo alla discrezionalità della politica. La suprema Corte era stata di fatto costretta a prosciogliere i vertici del Sismi. Solo per “lealtà” istituzionale – avevano ammesso i magistrati – era stato preso atto della “dirompente” e “lacerante” decisione della Consulta. Che aveva “inaspettatamente” tracciato “quell’ampio perimetro” di immunità. Che quindi Strasburgo ci ha rinfacciato condannando l’Italia a risarcire Abu Omar.

Il 24 febbraio 2014 la Corte di Cassazione aveva annullato in virtù del segreto di Stato una sentenza pronunciata l’anno prima dalla Corte d’Appello di Milano che condannava alcuni ex vertici del Sismi per il loro coinvolgimento nel sequestro. A febbraio poi era arrivata la giustizia europea. La Cassazione aveva condannato gli agenti della Cia a pagare un risarcimento di un milione di euro all’ex imam e 500mila euro alla moglie e Abu Omar chiede che anche quel debito nei suoi confronti venga saldato.

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