TERNI – Avete mai visto un vero e proprio porno a teatro? Avete mai assistito a sesso esplicito spinto fatto realmente su un palcoscenico? E’ accaduto all’appena concluso Terni Festival (undicesima edizione) durante lo spettacolo Schonheitsabend, coproduzione tra differenti enti, austriaci, olandesi, belgi e tedeschi.

Nella prima delle tre parti, la danzatrice Florentina Holzinger si è apposta in vita una cintura con un fallo in lattice applicato e ha penetrato il danzatore Vincent Riebeek con un rapporto anale continuo e prolungato, con evoluzioni e svariate pose e posizioni per far ben vedere, da ogni angolazione, di che cosa stavamo parlando e dove si era infilata quell’appendice, prima esposta e sguainata come spada, poi incuneatasi e sparita, inghiottita nel corpo del performer.

Così uniti i due, lui cavalcando lei e successivamente lei montando lui, hanno danzato uniti per una decina di minuti in un amplesso anale esplicito e osceno. Un gesto artisticamente, teatralmente, inutile nel contesto e nella vicenda messa in scena, ma più che altro una piccola trovata, affatto originale, pseudo scandalistica e provocatoria. Nessuno in platea è rimasto impressionato, scandalizzato o si è sentito punto nel pruriginoso.

Il fulcro semmai sul quale riflettere è se proprio il teatro, terreno principe della finzione, abbia bisogno di queste estremizzazioni di realismo anche travalicando il buon senso e l’opportunità. Certamente chi produce una pièce del genere e, in questo specifico caso, chi la organizza e la promuove in un festival teatrale (e non dell’erotismo né della pornografia) sa perfettamente che una scena del genere farà parlare molto.

E non perché ci sia del bigottismo, del cattocomunismo o ancora del moralismo, né perbenismo borghese né provincialismo. Nessuna censura all’arte, quando l’arte c’è, ovviamente. Il provincialismo semmai è cercare di tentare di accreditarsi come “portatori di rivoluzione”, innovativi, contro le regole, con questi escamotage.

Un gesto tanto dichiarato e palese può essere accettato e contemplato in altri luoghi e spazi, privée, sexy shop, locali hard, youporn, cinema a luci rosse (a Terni ne resiste uno proprio nelle vicinanze del palazzo comunale), non certo su un palcoscenico che si vanta di portare il meglio del teatro contemporaneo. Un festival (diretto dall’attenta Linda Di Pietro in odore, dicono le voci di corridoio e i rumors in zona ternana, di divenire direttrice del Teatro Stabile dell’Umbria) finanziato e supportato con 200.000 euro, dei quali la metà arriva proprio dallo Stabile umbro, 30.000 dalla Fondazione Carit per il progetto “Foresta”, 60.000 euro coperti dall’associazione Indisciplinarte, 6.000 da Pro Helvetia, 4.000 dall’Istituto Francese e altrettanti dall’ente Vlaanderen.

Dietro il sostegno dell’assessorato alla cultura della regione Umbria (Fernanda Cecchini) e di quello del comune di Terni (Giorgio Armillei), entrambi del Partito democratico. Il Pd sa quello che è andato in scena con il loro patrocinio e sovvenzionamento? Dopo l’uomo che si urinava in bocca a “Santarcangelo ’15”, che è rimasto l’emblema della rassegna romagnola fagocitando nel ricordo collettivo qualsiasi altro sforzo artistico, stavolta siamo alla sodomizzazione da parte della donna sull’uomo.

Adesso ci chiediamo se il gesto fosse stato compiuto al contrario, cioè con il lui in questione in posizione dominante e la lei di turno in posa accogliente. L’ipotesi più facile da poter immaginare è una sollevazione popolare dei movimenti femministi, dal Corpo delle donne della Zanardo fino alle invettive accorate della presidente Boldrini sul tema.

Sarebbero scese in campo a tutela dell’immagine della donna, vilipesa e maltrattata, alla mercé dello sguardo lascivo degli uomini in platea, una volta di più usata e utilizzata per fare spettacolo e show. In questo modo invece, con la femmina che sottomette il maschio, questo ribaltamento anatomico e simbolico ha facilmente centrato anche una certa “simpatia” o “empatia”. Se la penetrazione della donna fosse stata vissuta e percepita come azione negativa e violenta, questo capovolgimento ha “ridicolizzato” il maschio alfa. Un’azione condannabile non in quanto tale né tanto meno offensiva in sé, quanto elementare per pungolare banalmente, e forse nascondere anche mancanze contenutistiche, argomentazioni deboli, idee povere.

In teatro è molto più forte, incisivo e potente un gesto mimato, raccontato, evocato attraverso la metafora, grazie alle connessioni semantiche. Qui l’assenza di misura, il triviale a ogni costo, il greve malcelato da cultura, l’atteggiamento grezzo fatto passare per arricchimento di una comunità, non ha portato ad alcuna riflessione se non qualche infantile commento becero, qualche risatina politicamente scorretta da foyer radical chic, subito repressa.

Il sensazionalismo, per chi lo insegue in maniera conscia e consapevole, di solito diventa boomerang. Senza difesa il pubblico: sul foglio di sala non era neanche stato apposta la dicitura “Vietato ai minori di 18 anni” (vm18), e il libretto illustrativo dell’intera rassegna presentava lo spettacolo con “una nuova concezione della bellezza imbevendo la propria poetica di follia, connotazioni estreme e forte erotismo”. L’erotismo non è pornografia. Un Paese civile si vede anche da quello che propone, progetta, presenta. La libertà, quando diviene anarchia, non fa del bene alla collettività che la subisce.

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