Corto circuito a viale dell’Astronomia. Al centro del contendere, ancora una volta, dati e stime sulla crescita. Il Centro Studi di Confindustria ha messo alle strette il governo Renzi tagliando ancora le stime sull’evoluzione del pil nell’anno in corso (solo +0,7%) e nel 2017, quando la performance dell’economia italiana appare “del tutto insoddisfacente” e per di più “non scontata”. Gelo da parte del titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan, in sala durante la presentazione dei nuovi Scenari economici di viale dell’Astronomia: “Le stime dovrebbero essere migliori di quelle di Confindustria sia per il 2016 che per il 2017 perché quelle del Csc si basano su ipotesi di policy diverse da quelle che il governo intende proporre”, ha anticipato il ministro, che pure solo due giorni fa ha ufficializzato come anche l’esecutivo, nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza atteso per la prossima settimana, debba giocoforza rivedere al ribasso le proprie previsioni alla luce della frenata del secondo trimestre. Davanti all’incidente diplomatico il presidente degli industriali Vincenzo Boccia, consapevole che nella prossima legge di Bilancio sono presenti molti interventi a vantaggio delle imprese, è corso ai ripari arrivando ad auspicare che “il nostro Centro studi, pur essendone orgoglioso, abbia torto”, perché “da italiano tifo per i dati di Prometeia e del governo”.

“Profilo piatto, crescita 2017 del tutto insoddisfacente” – Il rapporto di viale dell’Astronomia è impietoso nel sottolineare come per i prossimi mesi si profili una “debolezza superiore all’atteso” che segue “l’arresto della risalita” registrata nella primavera scorsa. Gli ultimi indicatori congiunturali “non puntano ad un rapido riavvio, piuttosto confermano il profilo piatto” e la crescita prevista nel 2017 “sebbene già del tutto insoddisfacente, non è scontata e va conquistata”. Risultato: così stando le cose, gli analisti dell’associazione imprenditoriale si attendono per quest’anno un progresso del pil limitato al +0,7% quest’anno e al +0,5% nel 2017. Questo contro, rispettivamente, il +1,2% e +1,4% contenuti nel Def, numeri che nell’aggiornamento del documento, stando a indiscrezioni, verranno ridotti rispettivamente al 0,9 e 1,1-1,2%. A colpire non è tanto la differenza tra le cifre, quanto il fatto che gli Scenari prefigurano un rallentamento sempre più marcato.

“Il deficit peggiora, servono più margini di flessibilità” – Insomma: se il governo, pur tagliando le stime, continua a indicare un percorso di miglioramento, gli analisti ritengono invece che la situazione sia destinata a peggiorare. Cosa che “riduce ulteriormente gli spazi di manovra” per la politica di bilancio: il deterioramento del quadro macroeconomico “comporta un peggioramento del deficit e, a parità di obiettivo (ad oggi per il governo è 1,8% nel 2017) richiederebbe uno sforzo maggiore“. Per questo, si legge negli Scenari, “è assolutamente necessario negoziare margini di flessibilità aggiuntivi” per evitare “una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi“.

La malattia della bassa crescita: in 15 anni la Spagna è cresciuta del 23,5%, l’Italia è calata dello 0,5% – L’Italia, ha commentato il capo economista di Confindustria Luca Paolazzi, non riesce “a schiodarsi dalla malattia della bassa crescita di cui soffriamo dall’inizio degli anni Duemila”. I dati sull’evoluzione del pil dal 2000 a oggi mostrano come “prima, durante e dopo la Grande Recessione (in Italia più intensa e più lunga) si è accumulato un distacco molto ampio” con altri Paesi Ue. Tra 2000 e 2015 il pil è aumentato in Spagna del 23,5%, Francia +18,5%, Germania +18,2%. In Italia è “calato dello 0,5%” e con le dinamiche in corso i gap aumentano oggi “ancor più rapidamente”. Il divario tra il pil attuale e quello pre crisi è dell’8,6% e “a questi ritmi non sarà colmato prima del 2028”.

Boccia ci mette una pezza: “Se cambiano le condizioni possono cambiare i dati” – “Non c’è vena polemica, abbiamo fatto con onestà intellettuale una constatazione a condizioni date, è una sorta di provocazione positiva, se cambiano condizioni possono cambiare i nostri dati“, ha tentato di metterci una pezza Boccia dopo che Padoan aveva anticipato che l’aggiornamento del Def conterrà cifre più ottimistiche e precisato che “ci sono altre grandezze oltre al Pil che è utile guardare per capire dove stiamo andando, e mi riferisco all’occupazione“, che registra “dinamiche superiori” rispetto a altri Paesi europei “a parte la Spagna”. “Abbiamo offerto risposte a un dibattito in cui vogliamo entrare con corresponsabilità“, ha garantito Boccia, che come è noto ha preso esplicitamente posizione per il sì al referendum costituzionale. “Condividiamo l’obiettivo delle riforme”.

Le richieste degli industriali: “Concentrare le risorse su investimenti e produttività” – Il presidente di Confindustria non ha evidentemente alcun interesse a innescare una polemica con il governo a un mese dalla presentazione di una legge di bilancio per cui come sempre si faticano a trovare le coperture ma che stando alle anticipazioni conterrà molte misure a favore delle imprese. Il Csc in particolare ha chiesto all’esecutivo di concentrare “le poche risorse disponibili sulle voci che hanno maggiore efficacia nel rilanciare la crescita: investimenti, scambio salario-produttività, patrimonializzazione delle imprese“. Che del resto è proprio la ricetta scelta dal governo: le principali voci di uscita della prossima legge di bilancio, accanto ai 15 miliardi per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia (per scongiurare l’aumento automatico dell’Iva) e alle risorse per i pensionati e il rinnovo del contratto degli statali, sono costituite dalla riduzione al 24% dell’aliquota Ires per le aziende, dagli sgravi sui contratti di secondo livello e dal nuovo prelievo unico (Iri, sempre al 24%) per imprese individuali e società di persone. La limatura delle aliquote Irpef, al contrario, dovrà attendere il 2018 come da cronoprogramma originario.

Strada in salita per la manovra. Ma Confindustria vuole interventi per credito, edilizia e competitività – L’iter della manovra appare tutto in salita visto che, stando a quanto riporta Repubblica, dopo il bilaterale di sabato scorso tra Padoan e il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici è stata “accantonata l’idea” di lasciar correre il rapporto deficit/pil al 2,4% e finanziare così parte delle uscite. La coperta, insomma, è corta. Ecco allora la richiesta di concentrarsi sulla rimozione degli “ostacoli che intralciano il potenziale di crescita” e sull’ampliamento del potenziale stesso. Secondo il Csc occorre intervenire sul credito, “la cui contrazione sta proseguendo”, l’edilizia, “ancora in stallo”, e la minore competitività, “a causa dello sganciamento del costo del lavoro dalla produttività“. Dal lato del potenziale di crescita, invece, Confindustria spinge ancora in direzione di una “maggiore produttività” e di una massiccia iniezione di investimenti, “nei beni strumentali, nell’innovazione e nelle persone, specialmente quelle giovani e povere“. L’invito è il solito: continuare nel solco del processo riformista in atto, dal Jobs act al referendum costituzionale, perché si stanno esaurendo “gli effetti favorevoli esterni, dalla svalutazione dell’euro al dimezzamento del prezzo del petrolio al calo dei tassi“.

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