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Bernardo Provenzano cremato a Milano. ‘Niente funerale pubblico’. Arcivescovo Monreale: ‘Ci sarà momento di preghiera’

A deciderlo è stata la famiglia del padrino di Cosa Nostra. L'autopsia, che ha stabilito che il decesso è avvenuto per cause naturali, sarà inviata alla Corte europea dei diritti dell'uomo, dove da due anni è stato avviato un procedimento contro lo Stato italiano per la condizione carceraria in cui si trovava
Bernardo Provenzano cremato a Milano. ‘Niente funerale pubblico’. Arcivescovo Monreale: ‘Ci sarà momento di preghiera’
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Bernardo Provenzano sarà cremato a Milano. Hanno deciso così i familiari del boss di Cosa Nostra, morto a dieci anni dall’arresto all’ospedale San Paolo di Milano, che successivamente porteranno le ceneri nel cimitero di Corleone. Non ci saranno dunque esequie pubbliche, come peraltro aveva già chiarito il questore di Palermo, Guido Longo, motivando la scelta per motivi di ordine pubblico. L’arcivescovo di Monreale ha osservato tuttavia che questo non può tuttavia impedire un momento di preghiera con i familiari. “Verrà benedetto il feretro e ci sarà un momento di preghiera – ha detto monsignor Pennisi – Una preghiera non si può negare a nessuno”.

L’autopsia ha stabilito che il padrino di Corleone è morto per cause naturali e la moglie del boss Saveria Palazzolo e i figli Angelo e Francesco Paolo consegneranno il risultato delle analisi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove due anni fa è stato avviato un procedimento lo Stato italiano per la condizione carceraria in cui era ristretto il boss 83enne. Provenzano, gravemente malato da tempo, era infatti detenuto in regime di 41 bis, ovvero carcere duro.

L’autopsia era stata richiesta dalla procura di Milano con la supervisione del pm Alessandro Gobbis per fugare ogni dubbio sulle cure ricevute in ospedale. “Per ora si può dire morte naturale, ma il risultato totale dell’autopsia lo avremo tra venti giorni, quando si saprà se e quanto il regime carcerario abbia influito sulle cause del decesso”, spiega a LaPresse l’avvocato di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, che definisce “il trattamento” a cui è stato sottoposto il suo assistito “inumano e carcerario”.

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