Il documentario realizzato da Riccardo Luna a supporto della cosiddetta «Festa di Internet in Italia» ha fatto più danno che bene all’Italia. L’operazione di propaganda è stata orchestrata con tanto di scuole a fare una sorta di “venerdì renziano” e proiezione del documentario dell’Istituto Luce della Luna, chiamato Login, il giorno in cui l’Italia scoprì Internet. Un’operazione nata per supportare l’orgoglio italico nel campo dell’innovazione. Italiche genti: santi del pc, inventori di internet e navigatori del web. Protagonista indiscusso di tanta propaganda è un professore dell’Università di Pisa, Luciano Lenzini, incensato come “Padre della Patria Internet”. Lenzini è persona schiva e in più occasioni ha rifiutato tanto onore, ma la fanfara della propaganda avanza inarrestabile. Internet, però, è gentiluomo (o gentildonna) e porta a galla, se non la verità, almeno i dubbi di queste operazioni di facciata. Chiunque può rendersene conto guardando il documentario qui sotto:
Questa “Festa di Internet” l’hanno criticata in parecchi. Primi tra tutti i Digital Minions (un simpatico gruppetto di facinorosi digitali nati su Facebook sulla scia dei Digital Champions di Luna, che tra un lazzo e uno sghignazzo, prendono in giro Luna e le sue boutade nel campo digitale, ma anche discutono seriamente dei problemi del digitale in Italia, animati da Marco Camisani Calzolari, il maestro Manzi 2.0 e Andrea Lisi). Poi sono uscite le critiche più dure proprio sul Fatto Quotidiano. Una tra tutte quella del professor Alfonso Fuggetta, uno che ha fatto dell’innovazione, quella vera, una ragione di vita professionale. Il suo articolo termina così: «Per questo dobbiamo chiederci cosa festeggiamo oggi. Per evitare le illusioni e la retorica che ancora una volta ci stanno sommergendo, e per ricordare invece gli errori fatti e la tanta strada che abbiamo ancora di fronte a noi.»
Invece illusioni e retorica sono dappertutto nell’opera di Luna, che trascura una presenza, come dire, importante per quegli anni: l’Olivetti! Le critiche non si sono concentrate solo sull’opportunità di questa festa. Marco Calamari, ingegnere elettronico, nome storico e «papà» del personaggio online Cassandra, che commenta da oltre vent’anni la scena nazionale di Internet, svela che quattro mesi prima del centro di calcolo elettronico (il Cnuce) di Lenzini, lui si era già connesso ad Internet con un router meno pretenzioso del butterfly gateway che Darpa regalò a Lenzini. Mi immagino un router costruito a forza di mani nude e saldatore. È un mitomane? Sembra di no. La storia è convincente perché parla di quella che, al tempo, era una vera potenza industriale nazionale (e non pubblica): Olivetti, del cui centro di ricerca a Pisa, Calamari era dipendente. Credibile quindi anche perché è cosa nota che Olivetti diventerà in quegli anni il backbone che porta Internet in Italia attraverso l’Università di Rutgers e che invece Earn, la rete di calcolatori della ricerca, non completerà la migrazione a Tcp/Ip se non nel tardo ’95 ed esiste più di una testimonianza che per andare su Internet si passava da Olivetti.
Tutto torna anche quando con una lettera aperta Emmanuele Somma, altro nome storico dei diritti digitali italiani e studente del Lenzini ad Ingegneria, fa notare al professore che nel ’95/’96, cioè dopo dieci anni dal primo ipotetico ping, non insegnasse ancora i protocolli di internet, cosa strana per uno che accetta di farsi presentare come il «papà» di Internet in Italia. Stiamo parlando di anni in cui internet ha già preso piede in Italia e Video On Line aveva centinaia di migliaia di utenti Internet e di lì a poco avrebbe fatto boom anche in Italia. Olivetti, chi era costei? Ma quindi, come stanno le cose? Si sbaglia il prof Lenzini o è Luna ad aver fatto una ricerca che scorda Olivetti? Un’azienda che ha rappresentato il cuore pulsante dell’innovazione tecnologica (e sociale) in Italia per decenni e che nella vicenda di Internet in Italia pare avere avuto un ruolo…
Non c’è solo la curiosità di sapere se questa famosa festa cade il 30 aprile o piuttosto il 7 gennaio come dice Cassandra/Calamari, è proprio che gli Italiani hanno diritto di conoscere quali atti conseguenziali furono fatti dopo quel primo ping. Cioè chi ha portato e diffuso Internet in Italia? Fu il Cnuce o Olivetti? Perché se fosse vero che è stata Olivetti si aggiungerebbe un altro tassello importante all’opera di rimozione della storia tecnologica e della capacità di fare innovazione di questo paese. Proprio quel che i giornalisti del calibro di Luna avrebbero il dovere di fare. Ma perché continuiamo a farci del male?
Questa “Festa di Internet” l’hanno criticata in parecchi. Primi tra tutti i Digital Minions (un simpatico gruppetto di facinorosi digitali nati su Facebook sulla scia dei Digital Champions di Luna, che tra un lazzo e uno sghignazzo, prendono in giro Luna e le sue boutade nel campo digitale, ma anche discutono seriamente dei problemi del digitale in Italia, animati da Marco Camisani Calzolari, il maestro Manzi 2.0 e Andrea Lisi). Poi sono uscite le critiche più dure proprio sul Fatto Quotidiano. Una tra tutte quella del professor Alfonso Fuggetta, uno che ha fatto dell’innovazione, quella vera, una ragione di vita professionale. Il suo articolo termina così: «Per questo dobbiamo chiederci cosa festeggiamo oggi. Per evitare le illusioni e la retorica che ancora una volta ci stanno sommergendo, e per ricordare invece gli errori fatti e la tanta strada che abbiamo ancora di fronte a noi.»
Invece illusioni e retorica sono dappertutto nell’opera di Luna, che trascura una presenza, come dire, importante per quegli anni: l’Olivetti! Le critiche non si sono concentrate solo sull’opportunità di questa festa. Marco Calamari, ingegnere elettronico, nome storico e «papà» del personaggio online Cassandra, che commenta da oltre vent’anni la scena nazionale di Internet, svela che quattro mesi prima del centro di calcolo elettronico (il Cnuce) di Lenzini, lui si era già connesso ad Internet con un router meno pretenzioso del butterfly gateway che Darpa regalò a Lenzini. Mi immagino un router costruito a forza di mani nude e saldatore. È un mitomane? Sembra di no. La storia è convincente perché parla di quella che, al tempo, era una vera potenza industriale nazionale (e non pubblica): Olivetti, del cui centro di ricerca a Pisa, Calamari era dipendente. Credibile quindi anche perché è cosa nota che Olivetti diventerà in quegli anni il backbone che porta Internet in Italia attraverso l’Università di Rutgers e che invece Earn, la rete di calcolatori della ricerca, non completerà la migrazione a Tcp/Ip se non nel tardo ’95 ed esiste più di una testimonianza che per andare su Internet si passava da Olivetti.
Tutto torna anche quando con una lettera aperta Emmanuele Somma, altro nome storico dei diritti digitali italiani e studente del Lenzini ad Ingegneria, fa notare al professore che nel ’95/’96, cioè dopo dieci anni dal primo ipotetico ping, non insegnasse ancora i protocolli di internet, cosa strana per uno che accetta di farsi presentare come il «papà» di Internet in Italia. Stiamo parlando di anni in cui internet ha già preso piede in Italia e Video On Line aveva centinaia di migliaia di utenti Internet e di lì a poco avrebbe fatto boom anche in Italia. Olivetti, chi era costei? Ma quindi, come stanno le cose? Si sbaglia il prof Lenzini o è Luna ad aver fatto una ricerca che scorda Olivetti? Un’azienda che ha rappresentato il cuore pulsante dell’innovazione tecnologica (e sociale) in Italia per decenni e che nella vicenda di Internet in Italia pare avere avuto un ruolo…
Non c’è solo la curiosità di sapere se questa famosa festa cade il 30 aprile o piuttosto il 7 gennaio come dice Cassandra/Calamari, è proprio che gli Italiani hanno diritto di conoscere quali atti conseguenziali furono fatti dopo quel primo ping. Cioè chi ha portato e diffuso Internet in Italia? Fu il Cnuce o Olivetti? Perché se fosse vero che è stata Olivetti si aggiungerebbe un altro tassello importante all’opera di rimozione della storia tecnologica e della capacità di fare innovazione di questo paese. Proprio quel che i giornalisti del calibro di Luna avrebbero il dovere di fare. Ma perché continuiamo a farci del male?
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