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Tunisia, una nuova sconfitta dell’Isis

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La Tunisia  non  merita la nostra paura, la nostra scarsa presenza. Ha mostrato ancora una volta di reggere, bisogna  aiutarla. Prima ancora di pensare – con pericolose sindromi di onnipotenza – di poter pacificare la Libia con militari cristiani – bisogna sostenere civilmente la Tunisia.  L’assalto jihadista  a Ben Guerdene ha confermato la grande difficoltà di controllare la frontiera con la Libia, ma ha anche confermato che – a parte il caso dell’impervio Monte Chambi – lo Stato in Tunisia  esiste e controlla il territorio. O meglio detto: quello  Stato che lascia tanto a desiderare i tunisini, nel quale fanno fatica a identificarsi, quell’esercito mollaccione,  quella  polizia ancora prepotente, quella rivoluzione  che ha  lasciato tante delusioni, tutto ciò rinasce e si ricompatta  di fronte agli attacchi “terroristi”.

Era  successo  con la strage del Bardo, è  successo di  nuovo a Ben Guerdane. I jihadisti pensavano di  utilizzare il malcontento, pensavano che la pervasività degli interessi illegali  del contrabbando  in quella zona di confine aprisse  loro un varco. Sono arrivati all’alba e dicevano “siamo venuti a liberarvi”. La  gente di Ben Guerdane, contrabbandieri  o no, è scesa in piazza contro di loro a fianco dei soldati e delle brigate antiterrorismo. Questo è il dato più rilevante della vicenda. Me lo conferma  una fonte “alternativa”, una fonte di opposizione sociale come la Lega dei diplomati disoccupati.  Si sono  aperti dibattiti, nelle ore  successive  alla rapida contro offensiva, ma erano su altro. Sui selfie, innanzitutto.

E’ giusto o no che qualche soldato si fotografi accanto al cadavere di un disgraziato barbuto mezzo kamikaze? E’ comprensibile, forse, ma non è sano far circolare quelle foto. Restiamo umani. Di questo si discute: e Al Jazeera, ci si chiede, che parla nobilmente di attacchi armati e mai di  terroristi, da che  parte sta? C’è chi vorrebbe chiudergli l’ufficio di Tunisi. Ma conviene? Ha senso? Restiamo civili, appunto.  Di questo si discute, non di simpatie attive pro Isis  che se ci sono sono confinate in qualche area sottoculturale limitata e non riescono neanche a manifestarsi.

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