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Opere incompiute, Codacons: “Aumentate in 2 anni da 692 a 868, costo 4 miliardi”

Nel 2013 erano 692: nel 2014, ultimo dato disponibile, sono salite a 868. Sono costate complessivamente 4 miliardi di euro. Il record negativo spetta alla Sicilia, regione che vede sul proprio territorio ben 215 infrastrutture non terminate. Ma Il fenomeno è trasversale: attraversa l’Italia dal Nord al Sud, e accomuna le aree meno sviluppate del Mezzogiorno a regioni moderne e all’avanguardia come la Lombardia e il Veneto
Opere incompiute, Codacons: “Aumentate in 2 anni da 692 a 868, costo 4 miliardi”
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Ponti, strade, dighe e infrastrutture di interesse nazionale, iniziate e mai portate a termine. Costo 4 miliardi. Altri 1,4 costerebbe completarle. E’ il costo delle opere pubbliche incompiute, secondo i calcoli del Codacons. L’associazione dei consumatori è andata a spulciare l’anagrafe delle opere e ha calcolato la differenza tra il 2013 e il 2014 (ultimo anno disponibile). Il risultato è sconfortante: in Italia si registra “una abnorme crescita delle opere incompiute, il cui numero ha raggiunto quota 868“.

Nel 2013 erano 692: nel 2014, ultimo dato disponibile, sono salite a 868. Sono costate complessivamente 4 miliardi di euro. Il record negativo spetta alla Sicilia, regione che vede sul proprio territorio ben 215 infrastrutture non terminate (il valore assoluto massimo anche se la crescita dipende dal fatto che nell’anno precedente la regione non aveva comunicato il numero di incompiute). In Abruzzo le infrastrutture non portate a compimento sono passate dalle 33 del 2013 alle 40 del 2014; peggiore la situazione della Calabria: 64 incompiute del 2013, 93 nel 2014, mentre in Lombardia in un anno le opere non terminate sono passate da 19 a 35. Male anche la Puglia: 59 nel 2013, 81 nel 2014.

“Queste infrastrutture sono già costate in media 166 euro a famiglia, e per portarle a compimento servirebbero altri 1,4 miliardi di euro – afferma il presidente Carlo Rienzi – risorse sottratte alla collettività costretta a finanziare dighe progettate negli anni ’60 e poi lasciate in stato di abbandono, porti inaugurati e mai utilizzati, strade che non portano in nessun posto perché lasciate a metà, strutture inutilizzate a causa degli elevati costi di gestione”.

Il “record assoluto dello spreco” spetta senza dubbio – secondo l’associazione – alla Città dello sport di Tor Vergata a Roma, costata finora ai cittadini oltre 607 milioni di euro. Ciò che resta del progetto è lo scheletro della Vela di Calatrava, un vero e proprio mostro urbano che danneggia la città e i residenti della zona, e che andrebbe immediatamente abbattuto.

Il fenomeno delle opere incompiute, tuttavia, è assolutamente trasversale: attraversa l’Italia dal Nord al Sud, e accomuna regioni moderne e all’avanguardia come la Lombardia e il Veneto alle aree meno sviluppate del Mezzogiorno, a dimostrazione che gli sprechi non hanno colore politico o differenze territoriali. “E pensare che – dice Rienzi – i miliardi finora spesi per tali infrastrutture irrealizzate, avrebbero potuto abbattere la pressione fiscale per tutti i cittadini ed impedire la nascita di tasse come l’Imu o la Tasi, con benefici immensi per la collettività e l’economia nazionale”.

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