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Sanità, se il dializzato calabro deve curarsi in Sicilia

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Per la dialisi ogni anno sette pazienti dell’ospedale “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria sono costretti a fare la spola con Messina. Perché nel capoluogo calabrese la lista d’attesa è troppo lunga. Saltano su un traghetto tre volte a settimana, per 312 viaggi di andata e ritorno e 104 ore di navigazione l’anno. Fino al 2012 erano una trentina i pazienti in dialisi in trasferta forzata sull’isola. Altri venti pazienti ancora oggi fanno avanti e indietro dai centri di Scilla e Melito, a una ventina di chilometri di distanza. Il viaggio, anche in questo caso, è a carico della Regione. Si tratta quasi sempre di pazienti anziani con associate comorbidità per cui sarebbe meglio evitare il più possibile spostamenti lontani e scomodi.

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Grazie a un progetto dell’azienda ospedaliera da 120mila euro, che ha richiesto a medici e infermieri ore di lavoro supplementari, l’assistenza è stata garantita a 16 pazienti in più recuperando 508mila euro l’anno (che prima finivano nelle casse della sanità siciliana). Ma un progetto, con durata limitata, non può essere la soluzione a una piaga del genere. L’ospedale quindi ha chiesto alla Regione l’assunzione di un medico e quattro infermieri, arriveranno? Perché l’azienda sanitaria provinciale in tutto questo tempo non ha ancora risolto il problema? Un dializzato spedito in Sicilia costa 186 euro ogni volta. Quanti soldi potrebbe risparmiare la Calabria? Tanti.

Non è finita qui. In alcune località della Calabria (in particolare Vibo Valentia) l’Aned (l’associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto) denuncia l’irregolare fornitura dei farmaci essenziali per i dializzati, come la eritropoietina. In alcuni casi non sarebbe stata addirittura somministrata perché non procurata in tempi utili.

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