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Giorno della memoria 2016, ‘no’ a un ritorno selvaggio dei libri dei dittatori

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La Giornata della Memoria del 2016 acquista un’importanza ancora maggiore di quella che ha avuto lo scorso decennio. Fra pochi anni, ahimè, i pochi testimoni oculari, diretti della Shoah, vittime delle atrocità fascista e nazista, ancora in vita, non ci saranno più. Temo che con la loro morte, una cospicua produzione di testi negazionisti troverà spazio nella rete (che accetta tutto), nelle librerie e forse anche in alcune sedi accademiche, in paesi dove la memoria della tragedia del XX secolo non viene molto studiata e tantomeno elaborata.

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La morte dei testimoni coincide con la scadenza dei diritti d’autore dei Diari di Mussolini o del Mein Kampf di Hitler, e i giornali ci annunciano che questi titoli torneranno nelle librerie. È difficile non notare la stranezza linguistica che c’è quando ci si riferisce a Mein kampf o ai Diari di Mussolini (quelli della prima guerra mondiale, intendiamoci). Gli eredi di questi due “autori” – di pochi testi ma di tanti assassinii e leggi razziali – non dovrebbero usufruire di alcun diritto legato ai libri. La logica della mia riflessione è facile da formulare. Chi ha bruciato persone non può beneficiare dei diritti d’autore e chi ha commesso crimini contro l’umanità vanifica la propria produzione saggistica o diaristica.

Poiché i nostalgici di questi periodi bui non mancano mai, potrà essere utile che il governo tedesco e italiano mettano a disposizione dei lettori, delle scuole e delle università, le edizioni redatte da storici competenti e di fama internazionale, i quali specifichino che il Mein Kampf di Hitler o i Diari di Mussolini sono testi i cui autori sono stati efferati criminali di guerra e padri di tante atrocità contro l’umanità, ebrea, zingara e ogni minoranza debole agli occhi di beceri razzisti.

I Diari di Mussolini vengono “apprezzati” sulla stampa italiana per lo stile asciutto dell’autore Benito, e alcuni dei curatori di queste edizioni apprezzano il lavoro giornalistico di qualità di cui godrebbero i diari dell’alleato di Hitler.
Si rischia, fra dieci anni, di entrare in una grande libreria, europea e non, e trovare sullo scaffale dedicato alla Seconda Guerra Mondiale una copia di Mein Kampf accanto al Diario di Anna Frank e alle opere di Primo Levi, Ida Kink o Imre Kertesz. I librai che ospiteranno, almeno in Italia o in Germania, le opere degli autori che persero ogni diritto, non adesso ma già nel ’45, faranno bene a non esporre i Diari di Mussolini o Mein Kampf di Hitler su normali scaffali, perché quegli autori e quei libri di normale hanno molto poco.

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