Qual è il potere evocativo della musica? Facciamo un salto nel tempo: due secoli fa, secondo Wagner “…la musica, invece di esprimere – al pari della parola – ciò che viene solo pensato, esprime la realtà”; il clima culturale in questa parte di mondo (l’Europa) era impregnato di Romanticismo, generato da sentimenti tempestosi e da slanci d’impeto rivoluzionari per nulla affievoliti. Eppure, anche nella frenesia tecnologica dell’era moderna, quella definizione resta forse ancora attuale: e cioé la convinzione che musica e suoni non “parlerebbero” di gioia o di dolore, né di grazia o di tormento, bensì avrebbero la capacità di ricreare quei sentimenti attraverso frequenze, melodie ed armonie ordinate, offrendo alla sensibilità ed all’acume di chi le ascolta la loro esperienza diretta e coinvolta. Una sorta di “stampanti 3D” delle emozioni, scoccate dall’arco del testimone (il musicista) con l’obiettivo di trafiggere l’uditore, sensibilizzandolo. E la cosa prodigiosa – in questo caso ci spostiamo di più di cent’anni – è che, secondo Bob Marley, “quando ti colpisce, non ti procura dolore”, ma aumenta il tuo grado di coscienza della realtà.

E’ ancora così? La musica ha la capacità (e la facoltà) di raccontarci la verità di ciò che proviamo, tanto come individui quanto come comunità più o meno significativamente (e globalmente) estese?

Lo abbiamo domandato a Horacio Durán Vidal, fondatore nel 1967 del leggendario gruppo Inti Illimani e dal 2004 membro degli Inti Illimani Histórico: in questo episodio di Creativi di Fatto, insieme a Horacio cerchiamo di capire quale sia il potere evocativo della musica ed in cosa consiste il processo creativo che porta, attraverso il suono, all’espressione del sentimento. Sentite cosa ci ha risposto!

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