Cultura

‘La scelta. Giorgio Ambrosoli’, l’avvocato milanese ucciso su ordine di Sindona protagonista di una graphic novel a tinte forti

Gianluca Buttolo mette in scena Ambrosoli negli anni del suo incarico, che vanno dal 1974 al 1979, aggiungendo in didascalia dei flash storici sugli avvenimenti di quel periodo, tra Brigate Rosse e strategia della tensione. Compaiono Giulio Andreotti e Licio Gelli, che di quelle trame tiravano le fila: "Nello stile volevo essere neutro, perché la vicenda già da sola contiene tutti i dati necessari per crearti un’opinione"

di Alessandro Trevisani
‘La scelta. Giorgio Ambrosoli’, l’avvocato milanese ucciso su ordine di Sindona protagonista di una graphic novel a tinte forti

Bianco e nero. O di qui o di là. Non ci sono mezze tinte nella graphic novel “La scelta. Giorgio Ambrosoli” (ReNoir Comics), che racconta la vicenda dell’avvocato milanese ucciso la sera dell’11 luglio 1979 su ordine di Michele Sindona (presentazione in anteprima lunedì 19 alle 18,30 alla Feltrinelli Duomo a Milano, in libreria da giovedì 22 ottobre). Nelle chine dell’autore, l’illustratore Gianluca Buttolo, classe 1968, al suo esordio nel fumetto, il nero è quello di ombre, giacche, cravatte e notti milanesi. Il bianco quello del cielo lattiginoso di New York, dove Ambrosoli e Sindona si sfiorano. Ma bianco è anche il vuoto che graficamente descrive l’interno della Banca Privata Italiana, quando Ambrosoli vi fa il suo ingresso da commissario liquidatore, nel 1979. Perché svuotati sono i conti correnti, depredati da Sindona per foraggiare i partiti, Democrazia Cristiana su tutti, ma anche arcivescovi come Paul Marcinkus e banchieri massoni come Roberto Calvi.

Buttolo mette in scena Ambrosoli negli anni del suo incarico, che vanno dal 1974 al 1979, aggiungendo in didascalia dei flash storici sugli avvenimenti di quel periodo, tra Brigate Rosse e strategia della tensione. Compaiono Giulio Andreotti e Licio Gelli, che di quelle trame tiravano le fila. Ma c’è anche la famiglia di Ambrosoli: la moglie Anna, il piccolo Umberto, e ci sono quelli che sostennero l’avvocato: in Banca d’Italia Guido Carli, Paolo Baffi, Mario Sarcinelli, accanto a lui il maresciallo della Finanza Silvio Novembre e i colleghi Tino, Coda e Gusmaroli. Con loro Ambrosoli sbroglierà la matassa della BPI, scoprendo il sistema illecito di finanziamento dei partiti. Nonostante le minacce telefoniche di quello che sarà il suo killer, William Aricò, seguiterà imperterrito a fare il suo dovere. Fino a quella notte dell’11 luglio 1979.

Buttolo, partiamo dal fondo: perché Ambrosoli, dopo aver cenato con gli amici, tornò a casa da solo, quella sera?
Era finito tutto. A Palazzo di Giustizia si era chiusa la rogatoria chiesta dagli inquirenti americani. Esaurito il suo compito, Ambrosoli era rilassato, dopo anni di tensione e preoccupazioni.

In effetti Ambrosoli aveva finito di “nuocere” a Sindona. Ma allora perché ucciderlo?
Sindona agisce anche per vendetta. Ma attenzione a guardarlo come qualcuno che si muove d’impeto. Qualcun altro deve aver giudicato opportuna la sua scelta, rinunciando a fermarlo. Magari per punire l’esempio di un uomo che, con pochi amici, aveva messo in crisi un sistema fatto di mafia, partiti e massoneria.

Come nasce il libro, e con che tipo di progetto?
Nel 2010 ero presente a una premiazione del libro di Umberto Ambrosoli, “Qualunque cosa succeda”. L’autore rivelò in anteprima la frase di Andreotti: “Ambrosoli era uno che se l’andava cercando”. La reazione della platea fu piuttosto blanda, e così pensai che quella storia avesse ancora bisogno di essere raccontata. Nello stile volevo essere neutro, perché la vicenda già da sola contiene tutti i dati necessari per crearti un’opinione.

Qual è stato il personaggio più complesso da rendere?
Sindona. Non avevo voglia di disegnarlo. Poi ho capito che sarebbe stato un grosso errore sottovalutare la resa del suo volto.

La bibliografia in fondo al volume è sterminata. Ma avrà sentito anche qualcuno che Ambrosoli lo ha conosciuto.
In realtà no. Ma Novembre, Gusmaroli, Sarcinelli e Coda sono vivi e ho spedito loro il volume. E dopo aver disegnato tutto mi sono confrontato con Umberto Ambrosoli, che mi ha suggerito di togliere un “purtroppo” e un pertiniano “perdio” che avevo messo in bocca a suo papà. Giustamente, perché tutto il libro doveva essere il più possibile privo di commenti, auspici, invettive.

Ambrosoli, nonostante minacce e pressioni ricevute, non fece denunce in tv, uscite sui giornali, non cercò il pubblico. Un comportamento che oggi apparirebbe quasi singolare.
Delle minacce parlò con Banca d’Italia: essendo chiarissima la provenienza si sentiva tutelato dalle registrazioni, pensando che Sindona non avrebbe mai fatto qualcosa di cui sarebbe stato subito sospettato. E invece…

Nel fumetto vediamo Sindona che chiama Cuccia a New York e lo minaccia in modo esplicito, aggiungendo di voler far “scomparire” Ambrosoli. Il colloquio è autentico?
È ricavato dalla testimonianza di Cuccia al processo contro Sindona. “Ma perché non avvertì Ambrosoli?”, gli chiesero, e lui rispose che temeva di ricevere una denuncia per calunnia da Sindona. Lì la vedova Ambrosoli ebbe una reazione emotiva fortissima. Una cosa rara, quasi unica, per lei.

Che cosa c’è di attuale nella storia di Ambrosoli?
Il fatto che ritorna. La storia del giusto perseguitato e ucciso si ripete con frequenza matematica in Italia, quasi di 20 anni in 20 anni. E quella di Ambrosoli ci interroga con questa domanda: perché riviviamo continuamente gli stessi problemi, abbiamo la memoria corta o fingiamo di non capire? È attuale anche l’insegnamento di un uomo che ha tolto tutti gli alibi a chi dice “Ma che vuoi fare contro l’andazzo generale, contro la crisi, contro le mafie?”. Una della sue frasi nel fumetto è questa: “Avessi ricevuto dieci lire ogni volta che mi sono sentito ripetere ‘Ma chi te lo fa fare?’, ‘Lascia perdere’, ‘Pensa alla famiglia’, ora potrei pagare personalmente il debito lasciato da Sindona”. Ambrosoli non ha cercato alibi. E ha dimostrato che non ci sono poteri imbattibili.

 

 

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