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L’onestà non fa vincere le elezioni. Ne abbiamo diverse prove, neanche un’iscrizione alle liste dell’antimafia basta a penalizzare un candidato. Le ragioni sono psicologiche, come ho spiegato altre volte. Al contrario, paura e cambiamento fanno vincere. Ebbene, a Roma oggi il concetto di onestà significa cambiamento. L’onestà dunque può essere la chiave per vincere. Dopotutto lo è stata con Marino.

All’inizio si credeva che il sindaco di Roma fosse onesto e quindi in grado di cambiare le cose, e mandare a casa politici senza etica e dignità alla Batman, e fermare il magna magna, ovvero la corruzione nelle società partecipate del Comune. Marino era un “proto grillino”  (come ha detto Lucia Annunziata ieri a in mezz’ora) due anni e mezzo fa, in un momento in cui Grillo e il Movimento da lui fondato intercettavano pienamente le esigenze degli elettori.

Un bisogno di onestà, non fine a se stessa (quella di cui Vespa chiedeva “per fare che?”) ma come mezzo per il cambiamento. Più simile quindi al “Tutti a casa” del M5s alle elezioni politiche. In una parola: all’antipolitica.

Oggi, seppur non nell’intera Italia, a Roma si respira il clima che c’era in tutte le piazze italiane nel dopo Berlusconi, all’epoca dello Tsunami tour: nella Capitale abbiamo scoperto di avere la mafia e che di mezzo ci sono destra e sinistra; ci siamo ricordati dei Casamonica e poi abbiamo scoperto che oltre a essere distratto, anche Marino è disonesto. Meno disonesto di altri, certo, ma anche meno onesto di chi non mente sulle rendicontazioni. I famosi scontrini che dovevano affossare il M5s e che stanno affossando il Pd. Soprattutto, Marino rappresenta un partito, il Pd romano, che di reati ne ha commessi, ben più gravi delle finte cene. Il partito è stato infatti commissariato dal suo segretario e il Comune messo sotto tutela, contestualmente allo scioglimento per mafia del Municipio di Ostia.

Tutto questo, come la mafia, l’immondizia e i trasporti bloccati non piace ai romani. Non gli è mai piaciuto.

In questo scenario, a Roma possono vincere dei marziani veri, al grido di onestà come formula per il cambiamento. Anche con facce nuove.

Ho dato per certo fin dall’inizio che non si sarebbe andati al voto in tempi brevi. Non sono sicuro neanche che si andrà in primavera. Seppur dovesse essere, sette mesi sono un’era geologica nella comunicazione politica. Come possono far gioco al Pd di Renzi per raccontare tutta un’altra storia e far dimenticare Marino, possono essere sfruttati dal M5s per fare una campagna lunga e far conoscere il proprio candidato. E’ la tecnica usata dai partiti che fanno le primarie, i quali coinvolgono la stampa mesi prima dell’inizio della campagna elettorale avvantaggiandosi, con benefici sulla notorietà dei candidati nella fase calda della sfida.

Il M5s deve puntare sul simbolo più che sul nome, ma una scarsa notorietà del candidato penalizza anche la fiducia degli elettori nello schieramento. E sarà proprio su questo, sulla fiducia (che nei sondaggi si riferisce alla capacità di governare e alle competenze), che gli avversari del M5S punteranno, asserendo che i 5 stelle non sono all’altezza dell’incarico. Far conoscere bene il proprio candidato sindaco, con le sue caratteristiche e competenze, è l’unico modo per disinnescare quest’arma.

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