“Ci aspettavamo qualcosa di simile. Ed è successo. Purtroppo, pensiamo che possa succedere ancora”. Suat Çorlu, vicepresidente del partito filocurdo Hdp a Istanbul, ha da poco messo giù il telefono. Ha parlato con Selahattin Demirtas, leader del partito che lo scorso giugno ha conquistato il 13% alle elezioni politiche ed è entrato in Parlamento, impedendo all’Akp di Tayyip Recep Erdogan con conquistare ancora una volta la maggioranza assoluta. “E’ evidente che dietro l’attentato di Ankara sia dietro quello di Suruc (dello scorso 20 luglio, ndr) ci sia l’Akp – spiega il dirigente a IlFattoQuotidiano.it – vogliono aumentare la paura nelle persone, paura che loro stessi hanno creato, e dare come unico antidoto la vittoria del loro partito alle prossime elezioni. Questa è la loro propaganda.” Si ferma, alza il tono di voce e poi attacca l’Akp senza mezzi termini: “La loro campagna elettorale è sporca di sangue. Erdogan sta utilizzando le bombe per fini elettorali, per riprendere il potere assoluto in Parlamento. Ma non ce la farà neanche questa volta”.
Nella sede dell’Hdp, nel quartiere popolare di Tarlabasi, la tensione è palpabile. La telefonata con Demirtas è servita a delineare la strategia delle prossime tre settimane: “Abbiamo deciso di cambiare la strategia politica in questo mese di campagna elettorale, in vista del 1°novembre, giorno delle elezioni anticipate. Abbiamo cancellato tutti i nostri appuntamenti politici per i prossimi tre giorni: vogliamo aiutare i nostri amici rimasti feriti nell’attentato e stare vicino ai parenti delle vittime. In questo momento le elezioni non sono la nostra priorità, vogliamo stare vicino al nostro popolo”.
Per questo “faremo una decina di comizi, più piccoli e controllati, in giro per la Turchia. Chiederemo ai nostri elettori e simpatizzanti di partecipare unicamente alle iniziative nella città in cui vivono. Nelle grandi manifestazioni c’è più rischi di infiltrazioni terroristiche. In questo momento non dobbiamo mettere la nostra gente in pericolo”. Lampante l’esempio di Ankara: “La manifestazione per la pace è stata organizzata da civili. Tante persone, provenienti da città diverse, hanno preso parte all’iniziativa. Ecco, questo tipo di manifestazioni sono oggi pericolose perché è difficile controllarle”.
Ankara è lontana, ma a Istanbul l’aria è elettrica. Camionette a ogni angolo, sirene che tagliano l’aria. In diversi quartieri la gente è scesa in strada in solidarietà alle vittime dell’attentato che nella capitale ha fatto almeno 97 vittime e quasi 200 feriti. A Galatasaray, nei pressi di Taksim, un centinaio di persone, sedute per terra, hanno urlato slogan contro il governo e il partito del presidente: “Erdogan, non puoi bombardare la pace”, riecheggia prima di un “Spalla a spalla contro il fascismo”. E c’è chi intona: “L’Akp vuole la guerra, noi vogliamo la pace”.
A poca distanza una signora, con le lacrime agli occhi, urla, disperata: “Siamo persone. Siamo esseri umani e siamo uniti. Se uccidono uno di noi, ne faremo nascere altri milli. Il popolo turco si
deve unire contro la crudeltà e violenza. La manifestazione di Ankara era pacifica ed è finita nel sangue”. Senza sosta e con il fiato spezzato aggiunge: “Oggi le madri delle vittime stanno piangendo i propri cari, ma chi ha organizzato questo attentato morirà nel mare delle nostre lacrime”. Seduto a terra, un ragazzo, furente, urla disperato : “La gente ha capito il gioco sporco che sta portando avanti il presidente. Ci opporremo con tutte le nostre forze ai ricatti. Vogliamo un paese libero”.