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Spazio, scoperto fratello minore di Giove grazie al telescopio “cacciatore di pianeti”

Si chiama 51 Eridani b e somiglia al nostro gigante gassoso, così come appariva miliardi di anni fa, quando si era appena formato. Ad "adocchiarlo" è stato il potentissimo Gemini Planet Imager, entrato in funzione da pochi mesi in Cile
Spazio, scoperto fratello minore di Giove grazie al telescopio “cacciatore di pianeti”
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Si chiama 51 Eridani b ed è il fratello minore di Giove. Somiglia al nostro gigante gassoso, così come appariva miliardi di anni fa, quando si era appena formato. E’ il primo pianeta esterno al Sistema Solare scoperto dal nuovo potentissimo ‘cacciatore di pianeti’ che si trova in Cile, il telescopio Gemini Planet Imager, entrato in funzione da pochi mesi.

A catturare le immagini, pubblicate sulla rivista Science, è stato il gruppo coordinato da Travis Barman e Katie Morzinski, dell’Università dell’Arizona. Sono le prime foto ‘dirette’ scattate da Terra al più piccolo fra i numerosi pianeti finora scoperti all’esterno del Sistema Solare.

“51 Eridani b è il primo pianeta finora scoperto a somigliare molto a Giove, come doveva essere miliardi di anni fa – ha spiegato Barman – e ciò lo rende fondamentale per capire come si sviluppano i pianeti”. Le immagini, riprese nel dicembre del 2014, sono state praticamente le prime ad essere scattate quando il telescopio è entrato in funzione. Mostrano un pianeta gigante con una massa circa doppia rispetto a quella di Giove e con un’orbita leggermente più distante, ma nato appena 20 milioni di anni fa.

Poterlo osservare è importante per capire i meccanismi attraverso i quali evolvono i sistemi solari e per avere in questo modo preziose informazioni per cercare pianeti simili alla Terra, o comunque adatti alla vita.

A differenza del più celebre telescopio spaziale Kepler, il Gemini Planet Imager è basato a Terra e fotografa direttamente i pianeti: “Per scoprirli Kepler vede la loro ombra, mentre il Gemini Planet Imager vede la loro luce, ciò che chiamiamo immagine diretta”, ha spiegato il responsabile dello strumento, Bruce Macintosh. E’ una differenza fondamentale data da principi di funzionamento completamente diversi e che permetterà di scoprire sistemi solari molto più simili al nostro di quanto sia stato possibile fare finora.

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