L’assassinio del piccolo Ali Dawabsheh e la grande sofferenza inflitta ai suoi genitori e a suo fratello Ahmed (4 anni) sono l’ennesimo atto crudele di una cultura assassina che viene coltivata nei Territori Occupati, in maggior parte dai nuovi arrivati: i coloni.

È utile, in giorni come questi, ricordare la violenta storia che ha accompagnato la nascita della presenza dei coloni nei Territori. La legislazione israeliana chiama “crimini di odio” (pishei sina) gli assassinii e i vandalismi di questo genere, e la lista di tali comportamenti criminali è lunga, pericolosa e più d’una volta ha mirato a far scoppiare la terza Guerra Mondiale, una guerra fra lo Stato di Israele e l’intero mondo musulmano.

Mi riferisco, ad esempio, all’organizzazione terroristica nata nei Territori negli anni ’80, Gush Emunim, cui storicamente fanno riferimento i fondatori di quasi tutte le colonie. Essa usa una strategia che mescola legalità e illegalità: se i governi approvavano la loro volontà di fondare una colonia, persino dentro il territorio palestinese, loro la fondavano con ingenti finanziamenti statali; altrimenti si insediavano nel territorio senza alcuna licenza e tramite la loro rappresenante politica imponevano ai governi di legalizzare ciò che era stato compiuto con la forza.

Nel 1980 questi coloni terroristi tentarono di assassinare i sindaci di Ramallah, Nablus e El-Bire.

Yehuda Ezion, uno dei leader, aveva in mente di far esplodere la Spianata delle Moschee per minare la pace con l’Egitto e sradicare la vergogna che questa moschea musulmana porta al Monte del Tempio. Questi fanatici sono stati fermati, grazie a Dio (non il loro, ma quello del buonsenso) dai servizi segreti israeliani prima che riuscissero a far precipitare tutto il Medioriente in una guerra di religione.

La retorica di questi “padri spirituali” è sempre la stessa: parlano a nome del Messia, del popolo ebraico, fanno la volontà di Dio e non si interessano di cose futili come diritto, stato di diritto, la sacralità della vita umana. Il loro odio viene coperto da una veste teologica per nascondere che si tratta di assassini in nome dell’odio – e certo non in nome di Dio.

Un altro “eroe” di questi paladini dell’odio è Baruch Goldstein, un medico emigrato dall’America nei Territori. Nel 1994 entrò nella Tomba dei Patriarchi e sparò all’impazzata sui musulmani racconti in preghiera: il conto fu di 29 morti e 125 feriti. Goldstein venne ammazzato sul posto da alcuni che stavano pregando. Il suo gesto, definito anch’esso “vendicativo”, minava a far saltare gli accordi di Oslo. La sua tomba è diventata il punto di riferimento di ogni fanatico dei territori e di Israele, fra i coloni di Hevron e di Kriat Arba, la colonia da cui proveniva Goldstein. Non a caso Igal Amir, l’assassino di Rabin (1995), non ha negato che la figura di Goldstein l’ha ispirato per il suo crimine di odio, che oltre ad assassinare il primo ministro israeliano ha ucciso il processo di pace, ed era ciò che dichiaratamente mirava a fare.

In tutti questi casi di violenza politica, finalizzati a mettere in pericolo lo Stato di Israele, è evidente la convinzione dei coloni di essere al di sopra della legge, di ogni legge. Diritto israeliano, diritto internazionale, diritto dell’Autorità Palestinese, non hanno alcun valore, non solo per chi commette l’atto, ma per la stessa leadership spirituale e politica del movimento dei coloni. Anche questa volta pronunceranno banalità quali “non si deve fare di tutta l’erba un fascio”, “sono solo una minoranza insignificante”. Alcuni si dichiareranno indignati per l’assassinio del bambino, ma chi segue la storia di questo movimento sa che fra lo Stato di Israele e i Territori Occupati loro preferiscono i Territori Occupati, che ai loro occhi sono Terra sacra e santa ebraica. Nella loro ignoranza teologica ed etica non sanno che gli assassinii di bambini inermi rendono nulla ogni santità. In un libro uscito nel 2004, scritto dal giornalista di Haaretz Akiva Eldar e dalla storica Idith Zertal (non tradotto ancora in italiano), “Lords of the Land”, il lettore troverà una analisi della struttura complessa che ha permesso ad una minoranza nazional-religiosa di crearsi uno “stato dentro lo stato”. Nei Territori Occupati si trovano attualmente oltre 400.000 coloni. Alcuni ci vivono da molti anni, altri da pochi, alcuni si dichiarano disposti alla convivenza con i vicini palestinesi, altri no e coltivano il loro odio.

Io e tanti altri stimiamo che il 10% dei coloni è disposto a minare ogni processo di pace e ogni convivenza tra il mondo musulmano e lo Stato di Israele. E se serve uccidere bambini palestinesi, lo faranno, e se serve sparare ai soldati israeliani, non esiteranno. Netanyahu e Bennett, che hanno raccolto tanti voti da questi territori, hanno il dovere di trattare questi terroristi come tali. Questo è ciò che chiede lo stesso servizio segreto israeliano, lo Shabak, il quale capisce che il pericolo è enorme, anche se parla ebraico e si professa religioso credente.

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