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La fragilità del maschio

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Lasciate perdere gli studi sociologici, accantonate le ricerche psicologiche, sorvolate sui tanti dati disponibili nei siti specializzati; considerate solamente quello che si offre ai vostri occhi giusto appena fuori di casa guardando gli adolescenti passeggiare o chiacchierare: c’è un abisso tra le ragazze e i ragazzi, altro che omologazione tra i generi.

Le ragazze sono mediamente più eleganti, mediamente più vivaci, assolutamente più curiose dei loro coetanei maschi. E’ come se la realtà per loro fosse un campo di opportunità, una promessa di affermazione se non di felicità mentre i ragazzi sembrano annoiati, incerti, non direi impauriti ma semplicemente insospettiti, sfiduciati.

Credo che si debba affermarlo senza timore di linciaggio: esiste una questione maschile e la sua causa principale sta nel sempre più largo successo femminile cui non corrisponde un adeguato ripensamento del ruolo maschile e del rapporto tra i generi.

A scuola sono le più brave, sono quelle che si laureano con i voti più alti, hanno una capacità di relazioni tra di loro e con gli altri che i maschi hanno perduto o non hanno mai avuto: sembrano spinte da una energia superiore.

Mi viene in mente quello che leggevamo nei manuali di storia quando si cercava di capire cosa fosse successo dopo l’anno mille quando tutto sembra risvegliarsi, aprirsi ad un nuovo sguardo della realtà forse indotto dalla felice costatazione che la fine dei giorni non era proprio arrivata come invece si temeva il 31 dicembre del 999.

Le donne, in occidente in particolare, negli ultimi decenni hanno cambiato la faccia della società, destrutturando le vecchie famiglie, le vecchie gerarchie, le professioni le vecchie pratiche sessuali e conquistando quasi ininterrottamente diritti e spazi di libertà per millenni conculcati.

E’ spiegabile che il loro sguardo sul mondo sia propulsivo, fiducioso. Così come sono spiegabili i ritardi di adeguamento antropologico del maschio. Il punto allora potrebbe essere: è una questione che riguarda solamente i maschi o c’è da aspettarsi, e da chiedere, un contributo anche alle donne? Un loro farsi carico, parziale ovviamente, della ridefinizioni delle nuove ‘regole’ di comportamento nei rapporti reciproci?

Io avverto per esempio una certa arroganza femminile non essenziale.

Guardate questo video la bravissima Diana Del Bufalo dà espressione ad un rovesciamento del tradizionale rapporto di sospetto nella coppia dove il fragile e la vittima è lui.

Quando negli anni settanta proruppe il nuovo femminismo alcuni maschi sperarono che la loro liberazione potesse favorire una universale liberazione simile a quella che avrebbe dovuto determinare la classe operaia, come classe universale, che liberando se stessa doveva liberare l’umanità. Per la classe operaia le cose sono andate diversamente. Per le donne come stanno andando?

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