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Paolo Borsellino non è una strada

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Commemorazione del 23° anniversario della strage di Via D'Amelio

“Ragazzi chi è Paolo Borsellino?”. “Maestro è la piazza dove parte il pulmino”.

E’ in quel momento che mi resi conto che la scuola non aveva fatto la sua parte. Neanche mamma e papà che nel 1992 avevano 20 anni. Neanche l’amministrazione comunale che in pompa magna aveva intitolato quel luogo per poi dimenticarsene. Nessuno aveva raccontato ai miei alunni che quell’uomo facendo il suo dovere era stato ammazzato il 19 luglio mentre andava da sua madre. Nessuno aveva detto ai miei ragazzi che oltre a “Paolo Borsellino”, sulla targa affissa in piazza, ci sarebbero dovuti essere anche altri cinque nomi e cognomi, quelli dei ragazzi, degli uomini che lo scortavano: Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli.

E i miei bambini di 10 anni ogni giorno sono cresciuti passando davanti a quella piazza senza sapere, senza conoscere la storia.

In questo Paese, forse, abbiamo troppe inutili lapidi e pochi libri che parlano della nostra storia. Me lo chiedo ogni volta che apro la pagina dedicata alla Sicilia del libro di geografia di quinta elementare: certo è importante sapere i confini, conoscere la fauna e la flora, le città più importanti, l’economia, i fiumi e i laghi ma non possiamo pensare di insegnare la geografia senza raccontare la storia degli uomini che hanno abitato quella terra, che (in questo caso) l’hanno amata al punto di morire.

Forse, ci sono troppe inutili lapidi. Lo penso ogni volta che passo di fronte a una di queste targhe, magari sbiadite dal tempo, con i nomi dei magistrati che si leggono a malapena. Sono tanti i paesi, le città che hanno voluto fare memoria in quel modo dei due magistrati uccisi dalla mafia e dallo Stato. Ma non basta affiggere una targa, dare un nome ad una strada. Portare una corona d’alloro, semmai. Ventitre anni dopo, quel 19 luglio 1992, rischiamo che resti solo un vano rito. Ciascuno di noi, a partire da chi governa le nostre città, ha il dovere di rendere sacra quella strada, quella lezione di geografia, quella fotografia appesa nell’ufficio di un commissariato o di un ufficio comunale.

Ecco perché oggi ho scelto di essere in via D’Amelio. Per tornare, ancora una volta a settembre in aula e alla domanda: “Maestro dove sei stato in vacanza?”, poter rispondere: “In via D’Amelio, a Palermo. Sai cos’è successo in quella strada? Sai chi è Paolo Borsellino?”.

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