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Ikea, sciopero nazionale l’11 luglio: chiusi tutti i 21 punti vendita. E’ la prima volta

Le sigle sindacali Filmcams Cgil, Fisacat Cisl e Uiltucs hanno ritenuto "inaccettabili" le proposte avanzate dall'azienda svedese al tavolo delle trattative per la ridefinizione del contratto integrativo: trasformare il premio aziendale fisso in elemento variabile, ridurre "drasticamente" le maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo e definire un nuovo sistema di gestione turni
Ikea, sciopero nazionale l’11 luglio: chiusi tutti i 21 punti vendita. E’ la prima volta
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Per la prima volta nella storia dell’Ikea, sabato 11 luglio tutti i 6mila dipendenti dei ventuno punti vendita della multinazionale del mobile low cost incroceranno le braccia per lo sciopero nazionale indetto il 6 luglio. Le sigle sindacali Filmcams Cgil, Fisacat Cisl e Uiltucs hanno ritenuto “inaccettabili” le proposte avanzate dall’azienda svedese al tavolo delle trattative per la ridefinizione del contratto integrativo, questione che era già in discussione da alcuni mesi.

Durante il negoziato di oggi, indetto dalle controparti dopo un primo sciopero a scacchiera il mese scorso, la dirigenza ha richiesto ai rappresentanti dei lavoratori di trasformare il premio aziendale fisso in elemento variabile, di ridurre “drasticamente” le maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo e di definire un nuovo sistema di gestione turni. Per i rappresentanti dei lavoratori si è trattato della classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nella giornata di sabato, lo sciopero sarà supportato da una serie di presidi dei lavoratori in lotta in tutte le principali città italiane. Negli ultimi tre anni, ricorda una nota della AdnKronos, le perdite di bilancio dovute alla crisi hanno prodotto un disavanzo complessivo di oltre 53 milioni di euro. Ma nonostante questo, sostiene l’azienda, l’Ikea “ha dato prova di gestire con responsabilità questa congiuntura senza arrivare né a chiudere punti vendita, né a tagliare la forza lavoro, come invece è purtroppo capitato ad altre realtà del settore”.

Di tutt’altro avviso sono invece i sindacati. “L’azienda insiste con pervicacia a voler mettere mano alle buste paga dei lavoratori, trasformando un elemento fisso del salario in elemento legato a indicatori variabili”, ha sostenuto in un comunicato Giuliana Mesina, della segreteria nazionale Filcams CGIL. “Se questo non bastasse, ancora una volta ci hanno proposto – aggiunge la sindacalista – di penalizzare i lavoratori, riducendo sensibilmente la percentuale di maggiorazione per il lavoro domenicale e festivo, affermando addirittura di essere ispirati a criteri di equità, valore che fatichiamo davvero a scorgere, se perseguito con tagli lineari a danno soprattutto dei lavoratori più fragili”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario nazionale della Fisacat Cisl Vincenzo Dell’Orefice: “Alla perdita in termini di risultato operativo ed alla riduzione del fatturato non si risponde riducendo il trattamento per il lavoro domenicale e festivo ai tanti lavoratori part-time che su quei trattamenti contano per raggiungere livelli salariali dignitosi. Così – aggiunge il sindacalista cislino – come la volontà di intervenire in maniera tanto radicale su un istituto, com’è il premio aziendale, che pesa solo per l’1,9% sul costo per ora lavorata, fa comprendere quanto sia infarcita di preconcetti la posizione negoziale della nostra controparte”.

In passato un’altra vicenda aveva riguardato l’Ikea. In quell’occasione, però, erano stati protagonisti di una mobilitazione circa 500 facchini delle cooperative dell’indotto della multinazionale svedese fondata da Ingvar Kamprad, corteo che aveva provocato duri scontri con le forze dell’ordine.

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