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Matteo Renzi: incredibile, all’estero c’è ancora chi lo prende sul serio!

Matteo Renzi: incredibile, all’estero c’è ancora chi lo prende sul serio!
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Sono reduce da un seminario di studi sulle condizioni di salute democratica dell’Unione europea, dove ho potuto litigare con tutti i colleghi nordici presenti: inglesi, tedeschi e – a far buon peso – perfino svizzeri.

Il motivo scatenante? La convinzione dei miei oppositori che le strategie illusionistiche – con cui anche nel Vecchio Continente si sta completando la controrivoluzione plutocratica NeoLib – siano portatrici del Bene Comune. In particolare, prigionieri di un’opera propagandistica normalizzante reiterata all’infinito, questi ancora pensano che Matteo Renzi sia la soluzione dei nostri problemi; colui che rimetterà le cose a posto nel ‘bordello italiano’ (ossia sbaraccamento dei diritti sociali, finanziati attraverso strategie distributive volte a ridurre le disuguaglianze). Accreditano di valenze politiche le chiacchiere diversive.

Se lascia comunque basiti prendere atto che all’estero il nostro premier gode ancora di una qualche credibilità (almeno nei circoli mainstream dove impera quello che Noam Chomsky chiama ‘pensiero pensabile’: le interpretazioni accreditate dal Potere), la discussione sullo stato dell’arte generale partendo dall’osservatorio italico mi ha consentito – come spesso accade mettendo a confronto tesi antagonistiche – di meglio chiarire le valutazioni che divergono rispetto alle analisi correnti (e le relative mistificazioni).

Per chi ha voglia di ragionare con me, provo a riassumerle:

A) in questi anni è avvenuta una mutazione genetica della classe politica nella sua migrazione dalla società (dove la forma-partito svolgeva il ruolo di agenzia per la partecipazione e la deliberazione) al pasoliniano Palazzo del Potere; dove si è asserragliata trasformandosi in gilda chiusa e univoca, intenta esclusivamente alla perpetuazione dei propri privilegi (la politica come ascensore sociale);

B) causa la manifesta inettitudine nel governare situazioni sempre più complesse, il ceto politico stipula sottobanco patti leonini difensivi con il privilegio finanziario, altrettanto inabile nel promuovere innovazioni che dinamizzino un sistema economico scivolato nella stagnazione (Larry Summers, già segretario al Tesoro Usa parla di ‘stagnazione secolare’) quanto orientato all’accaparramento: la riproduzione di capitale cede il posto all’accumulazione di ricchezze e la politica si trasforma in caporalato del consenso;

C) nonostante le chiacchiere dei soliti pompieri di pronto intervento, il conflitto sociale e politico non è mai venuto meno. Solo che ormai assume una configurazione a due dimensioni: oltre quella orizzontale sull’asse destra/sinistra (eguaglianza), diventa centrale quella verticale establishment/anti-establishment (inclusione);

D) ormai i nodi materiali stanno giungendo al pettine, ma le pratiche diversive mediatiche (leggi propaganda e narrazioni edulcorative varie della realtà) per ora tengono a bada buona parte della pubblica opinione, dirottandone i risentimenti per le peggiorate condizioni reali di vita verso nemici immaginari (le cosiddette guerre tra poveri).

Ciò premesso, ne consegue che oggi è Bruxelles l’epicentro del cosiddetto ‘Washington Consensus’ (quando oltre oceano qualcosa è cambiato), mentre si conferma un crollo della qualità delle leadership che non ha precedenti: Cameron è peggio di Blair, Merkel di Kohl, Hollande di Mitterand. Renzi è solo un Berlusconi senza il conflitto di interessi. Una generazione politica a cui è impensabile chiedere il recupero dei valori europeistici originari: confidiamo nella prossima!

Per una volta qualcosa di buono sta crescendo sul fronte europeo Sud, dove si stanno facendo avanti partiti che tornano a radicarsi nella società. Anche se i miei discussants parigini si ostinano a negarlo.

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