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Campagna elettorale, il leghista e le magliette-slogan: portarle in tv andrebbe vietato

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salvini675Dopo Stop alle invasioni, Basta euro e Renzi a casa, Matteo Salvini, in tutte le interviste tv post Amministrative, s’è presentato con la maglietta: Ruspe in azione.

Una volta, quando i politici non erano ancora le grandi star della tv e gli spazi deputati erano i tg e le tribune elettorali (non era ancora scoppiata l’epidemia dei talk show), rarissima la loro presenza nelle trasmissioni d’intrattenimento, era stato Pannella il primo a lanciare gli slogan, non sulle felpe ma con manifesti nascosti e srotolati a favore di telecamera al momento opportuno, per pochi secondi perché il conduttore lo obbligava a chiudere con la bravata altrimenti avrebbe interrotto la trasmissione.

In Rai esiste una disposizione che vieterebbe la presenza dei politici in programmi d’intrattenimento, quando qualcuno lo denuncia è sufficiente cambiare il genere alla trasmissione: la si fa diventare culturale, il gioco è fatto.

Non mi risulta che vi sia un regolamento che consenta a chiunque di comportarsi come fa Salvini, “a mali estremi estremi rimedi”: il giornalista dovrebbe adottare lo stesso metodo che usa con gli sportivi quando si presentano in tv con il logo dello sponsor in evidenza sull’abito. In quel caso il logo sparisce, altrimenti non si va in onda. La pubblicità non regolamentata è vietata.

Se Salvini fosse obbligato a scegliere tra felpa e intervista, alla terza volta si presenterebbe con una bella giacca, casomai su camicia verde, invece, il più delle volte lo slogan diventa tema dell’intervista.

Politici come il leader leghista o Renzi in tv possono imporre quello che vogliono, senza troppi intrallazzi dei portavoce: vi sono schiere di conduttori disposti a tutto pur di averli nei loro programmi, perché portatori di ascolto.

Tutto ciò nasce da una legge disgraziata, la par condicio, voluta dal governo D’Alema nel 2000 per arginare il potere mediatico di Berlusconi nei 45 giorni prima del voto, mentre negli altri può accadere di tutto. Una legge che non ha mai impedito al Tg4 di Emilio Fede di fare propaganda all’ex Cavaliere.

Oggi che Berlusconi non è più il Caimano, né per potere né per appeal (odora di vecchio ma non fa buon brodo), costretto a mettersi al servizio di Salvini perché glielo chiedono gli elettori (il voto in Liguria ne è un esempio), si potrebbe finalmente regolamentare la presenza dei politici in tv.

Prima di tutto dovrebbe essere vietato, in particolare durante la campagna elettorale, che il presidente del Consiglio e i ministri utilizzino il loro ruolo per fare propaganda. Renzi oggi come Berlusconi ieri.

il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2015

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