Dibattito infuocato attorno al tema della prostituzione. Sui social incombono i toni di abolizioniste che stanno compiendo una crociata per la fine di quello che loro chiamano ‘sistema prostituente’. Punizione per i clienti, boicottaggio delle attività delle sex workers, invisibilizzazione delle istanze dei/delle sex workers, chilometri di polemiche su un termine, sex work, che infastidisce perché in fondo dice che il lavoro sessuale è lavoro. Così hanno scelto di chiamarsi le persone che vendono servizi sessuali e così dobbiamo chiamarle noi che diciamo di avere rispetto di chi in modo autodeterminato si dichiara ‘soggetto’.

Poi ci sono quelli che sostengono di voler consentire ai/alle sex workers di pagare le tasse, gli serve che facciano cassa e però sono più orientati verso la riapertura delle case chiuse che mai sono piaciute ai lavoratori e alle lavoratrici sessuali e mai certo gli piaceranno. Che siano abolizioniste o che siano persone che vogliono relegare i/le sex workers al chiuso, lontano da occhi di persone moraliste, si tratta sempre e comunque di gente che esprime lo stesso orientamento: delegittimano i soggetti a nome dei quali dichiarano di voler decidere; li criminalizzano o comunque amano renderli funzionali ai loro progetti ideologici.

Da un lato alcune abolizioniste che considerano valida la parola dei/delle sex workers soltanto quando dichiarano di essere stat* sfruttat* e di aver subito violenze inenarrabili, dall’altro i seguaci delle case chiuse che vorrebbero le ‘prostitute’ di nuovo sfruttate alle dipendenze dello Stato. In entrambi i casi non si considera la parola di chi suggerisce altre soluzioni, di chi descrive piani che includono la capacità di impresa dei/delle sex workers e parla, a ragion veduta, con cognizione di quel che servirebbe per lottare contro la tratta, di prevenzione delle violenze. Chi progetta le leggi in nome dei/delle sex workers finisce per non consultar* mai.

A mettere un po’ d’ordine tra le varie proposte fatte dai parlamentari in materia di prostituzione, sia per quel che riguarda i disegni di legge realizzati senza consultare i/le sex workers che quelli fatti dopo colloqui e confronti con le parti in causa, potrebbero essere i 70 parlamentari che hanno presentato da poco un manifesto in cui si parla di revisione della Legge Merlin. L’annuncio di questa iniziativa ha portato il dibattito, soprattutto in rete, ai massimi livelli di scontro. Volano insulti, episodi di squadrismo evangelizzatore, certe abolizioniste che insultano sex workers e supporters chiamandole tutte, dalla prima all’ultima, ‘pappone’, ‘colluse con i criminali’, e non si riesce a ragionare su un dato certo, ovvero il fatto che la discussione su quanto si ritenga bella o brutta la prostituzione dovrebbe proseguire senza condizionare il dibattito parlamentare necessario alla approvazione di una nuova legge.

Ancora oggi si parla del fatto di concordare o meno con la posizione di chi sceglie di abortire, ma anche chi non farebbe mai quella scelta, infine, ha concluso che è necessaria una legge che soddisfi le esigenze di chi la vuole fare, perché una legge dovrebbe essere sempre laica, a garanzia e difesa di chi non vuole e a garanzia di chi invece vuole. Nessuna persona, o donna, può dire a un’altra donna, come dovrà essere la sua vita. Nessuna donna potrà dire all’altra che se non fa questo o quello è meno femminista, perché il femminismo, per dirla con Amanda Palmer, dovrebbe consentire a te a te a te di essere quello che vuoi, rispettando la tua decisione, la tua scelta, senza che mai tu possa imporre a me quello che non voglio e lo stesso vale per te.

ereticaAffinché sia restituita ai/alle sex workers la dignità di soggetti e perché siano ascoltat* da chi dice di voler promuovere leggi che parlano di loro, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Codacons, l’Associazione Certi Diritti, una rete di sex worker, escort, gigolò, promuove per il 30 Aprile, vigilia del 1 Maggio, festa di lavoratori e lavoratrici, inclusi quelli che operano nella vendita di servizi sessuali, una conferenza stampa che si terrà alle ore 15.00, a Roma, in Via Torre Argentine al numero 76. Più tardi, alle 22.30, a partire dai Fori Imperiali, a far sentire lontano lo slogan “Niente su di Noi senza di Noi“, si svolgerà una sfilata di ombrelli rossi, simbolo dei/delle sex workers, per ricordare perché il 1 Maggio è anche la loro festa.

Così, in un volantino, ci ricordano che: “Non ci hanno mai rispettato, mai considerato, mai supportato, ma ora che hanno bisogno di far cassa eccoli pronti a riconoscerci come categoria lavorativa pur di tassarci senza consultarci. Siamo lavoratrici e lavoratori del sesso e vogliamo poterlo essere alla luce del sole e della luna ma esigiamo rispetto dalle istituzioni e dalla società, da tutti. Prima rinchiuse nelle case chiuse, poi nel limbo del quasi illegale, spinte ai margini perché giudicate immorali e indecorose, all’aperto multate e perseguitate, in casa denunciate e arrestate, costantemente denigrate, insultate, disprezzate e stigmatizzate. E ora improvvisamente vogliono tassarci? Se una legge su di noi vogliono fare, ci devono convocare e ascoltare. Visto che non lo fanno, lo facciamo noi.

Siate numeros*, con un solo avviso: portate un ombrello rosso.

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