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Zara, niente crisi per gli abiti low cost di Ortega, l’uomo più ricco d’Europa

Il gruppo quotato a Madrid non ha debiti e ha chiuso l'ultimo esercizio con un utile di 2,5 miliardi, in crescita del 5,4%. Quest'anno promette di premiare i 70mila dipendenti dividendo con loro il 2% dei profitti
Zara, niente crisi per gli abiti low cost di Ortega, l’uomo più ricco d’Europa
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La sua capitalizzazione alla Borsa di Madrid vale quattro volte quella della compagnia petrolifera Repsol. È la sessantesima società più ricca del mondo grazie ai marchi che hanno ridisegnato il mercato della moda low cost in Europa e Sudamerica: Zara, Massimo Dutti, Pull and BearBershka. A guardare i numeri, appena pubblicati, nei suoi camerini di prova la crisi non è entrata. Il gruppo fondato da Amancio Ortega Gaona – l’uomo più ricco d’Europa, con un patrimonio stimato di oltre 63 miliardi di dollari, e il quarto Paperone al mondo secondo la rivista Forbes – ha registrato un utile netto per l’esercizio 2014-15 di 2,5 miliardi di euro, con una crescita del 5,4% rispetto a dodici mesi fa. Le vendite, spinte anche da una leggera svalutazione dell’euro, sono salite dell’8,3% superando i 18 miliardi. Il consiglio di amministrazione, dopo la pubblicazione dei conti, ha deciso di concedere un dividendo di 0,52 euro, +7,5% rispetto all’anno precedente. Negli ultimi cinque anni le cedole pagate ai soci sono aumentate del 117 per cento.

La capitalizzazione complessiva di Inditex è superiore ai 90 miliardi di euro, paragonabile a quella di Lvmh. Tradotto: vendere costose borse di alta moda francese o magliette sotto i 15 euro può portare allo stesso risultato. La creatura di Ortega, galiziano estraneo alla mondanità, fattorino di un camiciaio all’età di tredici anni e mai passato per i banchi dell’università, oggi conta 6.683 negozi, distribuiti in 88 Paesi. Gli otto marchi, di cui Zara è il più famoso, non hanno risentito della crisi. All’inizio del 2010 un’azione Inditex valeva meno di 8 euro, ora è a un passo dal superare i 30. La filosofia però non è cambiata: abbigliamento accessibile alla massa, fabbricato in Spagna, Portogallo e Turchia ma soprattutto Cina e Vietnam, adatto tanto ai giovani quanto ai manager che non si possono permette un guardaroba alla Gordon Gekko. Europa ma soprattutto America del Sud i mercati principali, poi Cina ed infine Stati Uniti, dove la concorrenza di Walmart è ancora un ostacolo molto forte.

Amancio Ortega, è stato calcolato, ha una ricchezza personale così grande che (potenzialmente) potrebbe comprarsi da solo il 100% di Telefonica. Ma ha deciso di condividerla almeno in parte anche con i dipendenti, seguendo una linea già tracciata dai supermercati a marchio Mercadona. Il profit-sharing plan, pubblicato insieme ai conti, stabilisce che se le previsioni per l’esercizio di quest’anno – un utile stimato in 2,8 miliardi di euro – saranno rispettate, il 2% andrà come extra agli oltre 70mila dipendenti del gruppo. In media, in busta paga, ogni lavoratore Inditex riceverà 520 euro in più. Se pensiamo che molti dei commessi di Zara o Massimo Dutti sono ragazzi che hanno dovuto “reinventarsi” o dire addio ai sogni post-laurea, il regalo di Ortega sarà sicuramente ben accolto. Vista da fuori Inditex sembra l’Eldorado: non ha debiti, compra immobili, distribuisce bonus per i dipendenti, diversifica l’offerta con Üterque per l’alta gamma e prevede l’apertura di 480 nuovi negozi nel mondo. Se Ortega ha un grattacapo, è quello dell’eccesso di liquidità. Un problema con cui milioni di imprese spagnole vorrebbero avere a che fare.

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