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Siamo tutti Greci: no al debito, sì al futuro!

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People make their way in central AthensL’attuale crisi debitoria che affligge vari Stati, tra cui quelli dell’Europa mediterranea e non solo, non è certamente determinata dal destino cinico e baro né da una presunta inferiorità razziale di popoli pigri e spendaccioni, ma è frutto di precisi meccanismi economici e politici.

Sull’ultimo numero de L’Espresso viene ricostruita la riunione, avvenuta tra Sarkozy e Merkel il 18 ottobre 2010 a Deauville, in Normandia, nella quale venne deciso di negare ogni solidarietà comunitaria agli Stati indebitati, con la conseguenza che la Germania ci guadagnò enormemente valorizzando il suo ruolo di porto sicuro dei capitali in cerca di investimenti. Grazie all’euro, il Paese dominante dell’Unione ha potuto mantenere un enorme vantaggio competitivo sugli altri Paesi. Questo spiega l’opposizione dei tedeschi a ogni intervento sul debito, anche nella forma piuttosto blanda caldeggiata da Draghi.
In sostanza l’Unione Europea viene meno alla sua vocazione, creare politiche solidali e uniche volte a sostenere la moneta comune, per diventare esclusivamente un’area di libero scambio e di libera concorrenza a vantaggio dei più forti. Questo però significa la fine del progetto europeo.

Ecco perché le elezioni in Grecia previste per domenica prossima 25 gennaio assumono una portata decisiva. E’ infatti probabile che, nonostante ricatti, intimidazioni e minacce da parte della Germania e dei poteri forti, vinca Syriza, che pone, come ho scritto su questo blog illustrandone in due puntate il programma, il tema fondamentale della ristrutturazione del debito.

Il terrore della Merkel e dei banchieri tedeschi è che la vittoria di Syriza apra la strada a una rinegoziazione del debito non solo per la Grecia ma anche per altri Paesi, tra cui la Spagna, il Portogallo e l’Italia, segnando la fine del dominio della finanza sull’Europa. Ecco perché la vittoria di Tsipras e Syriza è importante anche per noi.

Il ripudio del debito e la sua ristrutturazione hanno determinato le sorti delle nazioni. Almeno, per limitarci all’età moderna, da quando Francia e Inghilterra negarono il rimborso delle somme prestate ai banchieri fiorentini Bardi e Peruzzi, alla scelta di non pagare effettuata nel XIX secolo da vari Stati degli Usa indebitati con banche europee, fino alla più recente Conferenza di Londra del 1952 che diminuì enormemente il debito della Germania, ponendo le premesse per il successivo exploit economico di tale Stato.

Nessun futuro è possibile sotto la cappa del debito che distoglie le risorse pubbliche dalle finalità sociali che devono avere la precedenza per indirizzarle nelle  incolmabili bisacce della finanza avida e insaziabile. Questo debito non può e non deve essere pagato. E’ quindi quantomeno necessario ristrutturarlo e tagliarlo, come ragionevolmente chiede oggi Syriza e da domenica con ogni probabilità chiederà il nuovo governo greco. Salvaguardando  i piccoli risparmiatori, ma colpendo senza pietà i finanzieri, attuando il suggerimento di Keynes sull’eutanasia dei redditieri. Nell’interesse non solo del popolo greco ma di tutti i popoli europei che ancora aspirano a un futuro comune.

 

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