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Renzi dalla Bignardi: è un’invasione formato Leopolda

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Per la ripresa de Le invasioni barbariche Daria Bignardi ha puntato sul presunto nuovo e sull’usato forse sicuro: Renzi. In passato era andata bene, soprattutto dopo le primarie perse con Bersani (una delle migliori prestazioni televisive di Renzi). Due sere fa, no: 3.82% e 830mila spettatori. La prima puntata di un anno fa, ancora con Renzi, aveva avuto 1268milioni. Una slavina, ancor più pensando alla presenza del Presidente del Consiglio. Il quale, da parte sua, non incide più come prima sugli ascolti.  

Forse perché vive in tivù, forse perché gli annunci hanno stancato e forse perché la rottamazione funzionava quando lui era un outsider ma non adesso: oggi Renzi è Premier e gli italiani, più che ottimismo, gradirebbero sentir parlare di soluzioni. E’ anche così che si spiega il flop. C’è poi un altro motivo: forse molti italiani si sono stancati di queste interviste che si rivelano piuttosto dei cinguettii d’amor. Quando Renzi è in tivù, la seconda domanda è spesso un miraggio e la prima un miracolo.  

La Bignardi non ha mai avuto velleità da giornalismo d’inchiesta e neanche ha mai nascosto il suo fervente renzismo: legittimo, solo che poi l’effetto melassa è inevitabile. Ogni tanto qualche domanda puntuta aiuterebbe. E invece niente, perché “è solo intrattenimento” (la tesi anche di Fazio) e perché tutto è criticabile tranne Renzi. Mercoledì Le invasioni barbariche è diventato trending topic, a conferma di come spesso Twitter porti un po’ sfiga: dopo “piazze piene urne vuote”, ormai vale anche “Twitter pieno auditel vuoto”. Tra i molti tweet, qualche plauso e tante perplessità. Rosario Pellecchia (Radio 105): “Ciao, sono una domanda della Bignardi. Sono triste. Nessuno mi capisce”. Maice: “La Bignardi stasera ha preparato ‘Le linguine alla Leopolda’”.

Il marito Luca Sofri, una delle menti del programma, pare in procinto di lavorare al nascente Minculpop renziano, un settimanale in coabitazione con noti sfollatori di lettori come Rocca e Menichini (solidarietà a Renzi). Così, prima che la Bignardi azzardasse con Fedez un surreale accostamento rapper-terrorismo ed evitasse accuratamente l’argomento Renzi (di cui Fedez è oppositore), il colloquio con il Premier sembrava quello tra due vecchi amici al bar (“Sei dimagrito, porti le lenti, tua moglie è bellissima, non sei cattivo, come hai festeggiato i 40 anni. Due amanti? No. Bignardi e Renzi”: così Alessandro Usai). Curioso, poi, come la Bignardi abbia legittimamente chiesto al deputato 5 Stelle Di Battista se lo imbarazzasse avere un padre fascista, mentre non abbia ritenuto opportuno chiedere a Renzi se lo imbarazzi avere un padre indagato per bancarotta (“Dell’intervista a Renzi mi è piaciuta soprattutto la ficcante domanda della Bignardi sul padre, come con Di Battista”: così Alessandro Menabue). Ci sta che Bignardi e marito credano che Renzi sia il Salvatore. Sono in tanti a pensarlo. Ma ci sta pure che, di queste vagonate di melassa filogovernativa, molti spettatori ne abbiano abbastanza.

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il Fatto Quotidiano, 16 Gennaio 2015

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