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Bollo auto storiche, Emilia Romagna e Veneto si ribellano e “graziano” le 20enni

La legge di stabilità 2015 ha eliminato l'esenzione dalla tassa automobilistica per le auto storiche fra i 20 e i 30 anni. Ma alcune Regioni stanno decidendo di mantenere lo status quo perché il vantaggio economico derivante dall'introduzione del bollo sarebbe modesto
Bollo auto storiche, Emilia Romagna e Veneto si ribellano e “graziano” le 20enni
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I proprietari di auto storiche inizieranno ad avere le idee un po’ confuse. Fino allo scorso dicembre, le vetture iscritte all’Automobilclub storico Asi (o, nel caso delle moto storiche, all’Fmi) o ai tre registri storici nazionali Fiat, Lancia e Alfa Romeo non dovevano pagare la tassa automobilistica, o bollo che dir si voglia. Poi, con la legge di stabilità 2015, il Governo Renzi ha stabilito che, a prescindere che fossero di rilevanza storica o meno, tutte le auto con meno di 30 anni devono pagarla. Insomma, da un punto di vista fiscale, la categoria dei “veicoli di particolare interesse storico e collezionistico” è stata calcellata.

Poiché il bollo auto è un tributo locale, però, alcune Regioni stanno decidendo di “disobbedire” al Governo e di non introdurre il suo pagamento per le vetture storiche fra i 20 e i 30 anni di età. Emilia Romagna e Veneto si sono pronunciate contro la tassa automobilistica, mentre Lombardia e Liguria stanno valutando il da farsi. Il motivo di questa rinuncia, spiega l’Asi, è la scarsa incidenza che l’introduzione del bollo sulle auto storiche avrebbe sul bilancio regionale: insomma, non ne vale la pena. La situazione è ancora fluida, ma l’Asi sta incontrando i rappresentanti delle Regioni con l’obiettivo di capire se, forti dell’opposizione delle realtà locali, ci siano gli estremi per chiedere un ripensamento complessivo della legge.

Dallo scorso autunno, l’Automobilclub storico si è opposto con tutte le sue forze all’introduzione della tassa automobilistica, calcolando che a fronte di introiti per 7,5 milioni di euro si sarebbero realizzare “perdite economiche-patrimoniali” di almeno 2 miliardi di euro. Di parere opposto l’Automobil club italiano Aci, che lo scorso luglio, forse anche nel tentativo di promuovere il suo Aci Storico in contrapposizione all’Asi, aveva “aizzato” la commissione finanza della Camera, chiedendo di “stringere le norme per le iscrizioni al registro della auto storiche perché solo 800 mila su 4 milioni lo sono, gli altri 3,2 milioni sono solo auto vecchie che girano tutti i giorni, inquinano e andrebbero rottamate”.

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