
Questa somma gigantesca è rivendicata per il 62% da Intesa San Paolo, per il 20% da Unicredit e per il 18% dal Banco Popolare. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ha dichiarato che ILVA “è praticamente sull’orlo del fallimento” e che i privati non hanno le risorse per salvarla.
Il colosso siderurgico Arcelor Mittal ha posto condizioni inaccettabili e non si vuole inguaiare. Federacciai ha già detto: non chiedete a noi.
Quindi?Pagherà Pantalone: gli ignari italiani a cui viene detto A per poi invece fare B. E così il prossimo decreto sull’Ilva scaricherà sugli italiani i guai dell’azienda. Verrà detto loro che – con i soldi della Cassa Depositi e Prestiti, ossia dei risparmiatori che hanno libretti e buoni fruttiferi alla Posta – l’Ilva verrà risanata e trasformata in una gallina dalle uova d’oro. Ma in realtà l’obiettivo è quello di recuperare i crediti delle banche prima che Ilva affondi del tutto. Perché la prospettiva è quella: l’inabissamento imminente della corazzata Ilva in assenza di una ripresa del mercato. Ma ci sarà uno spiraglio di ripresa nel 2015? Pare proprio di no: c’è il 65% di possibilità che l’economia mondiale vada in recessione, trascinandosi dietro gli USA.
Riassumiamo:
4) le banche ringrazieranno il governo;
6) nessuna ripresa vi sarà nel 2015 per raggiungere il “punto di pareggio”;
7) si accumuleranno altre perdite;
9) le banche diranno che non possono concedere altri prestiti, temono il concorso in “abuso del credito“;
10) l’ILVA affonderà.
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