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Case popolari: il racket delle case e quello della violenza

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Un circolo vizioso. Un circolo violento. Creato spesso ad arte, ma per la maggior parte motivato da gestioni malavitose della cosa pubblica.

Lo ha fatto la politica, lo hanno fatto dirigenti pubblici e privati corrotti e corruttori, lo hanno fatto cittadini senza scrupoli che si sono procurati diritti non dovuti pagando e scendendo a compromessi indicibili. Per avere una casa popolare si pagavano e si pagano mazzette. Alla malavita in sinergia con alcuni impiegati o dirigenti degli enti gestori, che si sono venduti ciò che non avevano.

Ma a me pare che anche la violenza stia diventando un racket. Essa si “impone”, ad opera di una masnada di facinorosi, che si nascondono in centri sociali e di aggregazione che ben altra missione dovrebbero svolgere. Farà guadagnare qualcuno, questa violenza? Dobbiamo ritenere di sì, visto che oramai essa è condimento necessario di ogni, seppure legittima, manifestazione. E non è nemmeno giustificabile con la disperazione. Così come qualche incauto sindacalista o giornalista, piuttosto che agitatori politici di folle, stanno neppure tanto velatamente proclamando. Attenti ai cattivi maestri, attenti alla disperazione, attenti a coloro che dicono che aggredire poliziotti è giusto perché in qualche modo rappresentano uno Stato da combattere. E attenti alle chiacchiere, alla demagogia, ai comizi ed ai dibattiti intavolati da chi non sa che la recessione e la depressione economica che stiamo vivendo non si risolvono con una legge di stabilità, ma con riforme strutturali che qualcuno dovrà pur iniziare.

Che sono problemi europei e del mondo intero, ai quali non si può dare soluzione nelle piazze, ma nelle sedi istituzionali e di dialogo che sia i politici che i sindacati dimenticano talvolta di avere l’onore di frequentare. In tutto questo, non dimentichiamo di quanto aumentino i crediti materiali e morali del furbo, del malavitoso e del violento. Non facciamoci abbindolare. C’è chi non aspetta altro. E non sono i soliti noti.

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