Il Festival Internazionale del Film di Roma assegnerà il Marc’Aurelio alla carriera al cineasta brasiliano Walter Salles, Orso d’Oro e Golden Globe per Central do Brasil, regista di uno dei film più amati degli ultimi anni, I diari della motocicletta, premiato a Cannes e Oscar alla miglior canzone. Salles presenterà al Festival in prima mondiale il suo nuovo lavoro, Jia Zhangke, un Gars de Fenyang. Salles considera Jia Zhangke “il più importante film maker contemporaneo”. I due saranno sul palco dell’Auditorium Parco della Musica per un dialogo pubblico moderato da Marie-Pierre Duhamel e Marco Müller.

“Jia Zhangke ci ricorda che il cinema è ancora il luogo che può aiutarci a comprendere meglio il mondo che ci circonda – ha detto Walter Salles – Per un numero crescente di cinefili, è diventato il cineasta più importante della sua generazione. Attraverso i suoi film, il cinema può essere ancora il territorio per eccellenza delle scoperte e delle rivelazioni. Per Jia Zhangke il cinema è un modo di registrare una memoria in mutazione, di conservare traccia di ciò che non sarà più”.

“I suoi film – ha aggiunto il cineasta – ritraggono gente ordinaria, quelli che lui definisce ‘i non detentori del potere’. Nell’ultima scena di Sanxia haoren / Still Life, un uomo cammina su una corda tra due edifici in demolizione. L’uomo in equilibrio instabile, in continua relazione con qualcosa di più grande di lui, è forse il punto comune dei personaggi dei film di Jia Zhangke. È in momenti come questo che ci rendiamo conto che i suoi film sono fatti di una materia che trascende una specifica geografia fisica o umana. I suoi personaggi provengono dalla regione dello Shanxi, ma le problematiche esistenziali dei suoi film non hanno frontiere e riguardano tutti noi”. 

“La personalità più completa e complessa del movimento del cinema glocale – ha rilevato il direttore del Festival Marco Müller – è senza dubbio quella del brasiliano Walter Salles. Per (ri)scoprire un’identità, esplorare le inquietudini profonde di un paese enorme e contraddittorio, ha sperimentato modi diversi di risensibilizzazione dello sguardo: così che, partendo dalle radici, potesse infine aprirsi verso l’esterno. Film dopo film, ha saputo inventare sempre rinnovate parabole allegoriche a geografia flessibile, costruite sul movimento, la circolazione, in Brasile (A grande arte, Central do Brasil, Abril despedaçado) e in tutto il continente sudamericano (Diarios de motocicleta), in Europa (Terra estrangeira) e negli Usa (On the Road)”.

“Mostrare una porzione del pianeta – ha osservato ancora il direttore – è, nel cinema di Salles, innanzi tutto un atto morale. Proprio per questo, la sua idea di cinema transnazionale (mai globalizzato) è stata l’unica in grado di scavalcare nostalgia e feticismo, riuscendo a riunire il ‘padre’ (il cinema novo) tanto con la ‘nazione perduta’ che con il mondo. Walter Salles – ha aggiunto Müller – si considera un documentarista che realizza lungometraggi di fiction. E che ha ribadito: ‘pensare il cinema è altrettanto importante che farlo’. Ogni nuovo film viene dunque vivificato dai risultati provvisori di una riflessione mai sopita. Non è difficile constatare, da un’opera all’altra, una progressione logica e poetica; e in parallelo ad essa, l’incessante frequentazione di una grande varietà di referenti testuali e linguaggi artistici. Non stupirà dunque, in un cineasta che ha dimostrato di aver studiato la lezione dei nuovi realismi (si muove a suo agio tanto nell’universo di Rossellini che in quello di Wenders), l’attenzione sempre più accentuata rivolta al metodo e alla pratica di due contemporanei, Abbas Kiarostami e Jia Zhangke. È la filosofia che il regista brasiliano ha voluto precisare nel nuovissimo Jia Zhangke, un Gars de Fenyang, il primo lungometraggio a segnare il suo potente ritorno al cinema documentario”.

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