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Sardegna, l’archeologo costretto a pagare per proteggere il sito di Mont’e Prama

Una delle tombe scoperte di recente è stata profanata perché l'area, terminate le operazioni quotidiane, rimane incustodita. Raimondo Zucca, direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell'Università di Sassari, provvede alle spese di sorveglianza
Sardegna, l’archeologo costretto a pagare per proteggere il sito di Mont’e Prama
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Un archeologo ‘costretto’ a pagare di tasca propria per proteggere i siti degli scavi da eventuali violazioni. Un gesto che vuole essere anche una protesta contro la mancanza di risorse anche per assicurare l’esistente. E’ accaduto in Sardegna, in uno dei siti archeologici più famosi, quello di Mont’e Prama, nelle campagne di Cabras, in provincia di Oristano. Qui, tra il 1975 e il 1979, dopo alcuni ritrovamenti occasionali nel marzo 1974, nel corso di alcune campagne di scavo si ritrovarono parti di statue in arenaria locale di altezza variabile tra i 2 e i 2,5 metri. I cosiddetti “Giganti di Mont’e Prama”, custoditi nei magazzini del Museo archeologico nazionale di Cagliari per trent’anni, fatta eccezione per le parti più importanti esposte nello stesso museo. E le ricerche continuano.

Nelle indagini sono state riportate alla luce almeno una decina di tombe e soprattutto, una nuova statua. Un pugilatore di grandi dimensioni, addirittura più grande dei “Giganti” che presto potrebbe essere visibile nel Museo di Cabras. Insieme ad altri importanti reperti, scoperti nei mesi scorsi, fra i quali si segnalano una base con i due piedi calzati, una testa con elmo e un busto di arciere.

Ma una delle tombe scoperte di recente è stata profanata alcuni giorni fa dai tombaroli. D’altra parte l’area dello scavo, in aperta campagna, terminate le operazioni quotidiane, rimane incustodita. Perché la Soprintendenza archeologica di Cagliari ed Oristano, che cura lo scavo, non ha fondi fondi per provvedere ad un servizio di guardiania. Quindi interviene Raimondo Zucca, direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’Università di Sassari, ma soprattutto uno dei protagonisti della scoperta di quarant’anni fa dei “Giganti” e impegnato anche nell’attuale cantiere. E’ lui che negli ultimi giorni provvede alle spese di sorveglianza. Un gesto estremo per dare risalto al grave problema delle risorse, insufficienti anche per mettere al sicuro l’essenziale.

Così “i Giganti”, ammirati dopo i restauri nelle mostre al Museo archeologico “Giovanni Marongiu” di Cabras e al Museo archeologico nazionale di Cagliari, ed ora arricchiti da nuove scoperte, finiscono per fare notizia per una questione “sbagliata”. Ma drammaticamente reale. Soprattutto per gli addetti ai lavori con ruoli direttivi.

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