Nelle ultime settimane i maggiori quotidiani italiani si sono allarmati per la grave situazione in cui si trovano i teatri di lirica nel paese del belcanto. La ragione di questo acceso interesse è stata la decisione del maestro Muti di abbandonare il teatro dell’Opera di Roma per mancanza di “serenità” e per i tanti problemi burocratici.

In tempi di crisi, la cosa più facile è tagliare la cultura. Le produzioni di un’opera lirica di alto livello sono costosissime e perciò tra le più esposte. Non è un caso infatti che tanti teatri di lirica di grande tradizione italiana si trovino, negli ultimi cinque anni, in grave difficoltà economica. La cosa meno nota, cui i mezzi di comunicazione di massa non danno quasi risalto, è l’indifferenza pressoché totale riservata ai musicisti italiani, sconosciuti nella loro patria ma ricercati, premiati e ascoltati in tutto il mondo. La lista è lunga, ma vale la pena farla e ascoltare ognuno di questi nomi su youtube per avere il piacere di un incontro con delle vere perle musicali: Fabio Biondi e l’Europa Galante, Il Giardino Armonico, Claudio Gavina e il suo ensemble La Venexiana (grandi maestri di madrigali italiani), Marco Beasley, Diero Morini e il loro ensemble Accordone, la suonatrice di tiorba Evangelina Mascardi.

Ho scelto nomi di fama mondiale, che registrano con case discografiche di prestigio, quasi sempre estere (Virgin, Armonia Mundi, Alfa, Archiv) e che partecipano ai maggiori festival del mondo, ma con poche date sul suolo italiano e scarso interesse dei mezzi di comunicazione e delle loro pagine culturali. Questa indifferenza è doppiamente strana perché essi, per la maggior parte, continuano a vivere e a insegnare in Italia, dedicano tanto tempo e talento a recuperare e valorizzare il repertorio italiano anche quando si tratta di minori per il vasto pubblico della loro patria.

Il caso più emblematico è quello del tenore Marco Beasley, che da anni canta musica italiana del Seicento e Settecento, senza trascurare nessuna regione italiana. Chi scorrerà la sua discografia noterà che egli si occupa di musica calabrese, napoletana, lombarda, pugliese e tanto altro, e anche di Monteverdi.

Beasley ha il dono della naturalezza, riesce a portare al pubblico europeo questo repertorio senza la pesantezza dovuta talvolta a una eccessiva “serietà” dell’interprete. Il suo Monteverdi (Si Dolce è’l Tormento) sembra la canzone dei Beatles, e ha un suono quasi contemporaneo.

Il titolo del post coinvolge Fabio Fazio, o per meglio dire, la sua trasmissione Che tempo che fa. La mia proposta è semplice. Invece di invitare periodicamente nomi già straconosciuti al pubblico come Barenboim, Metha, Pappano, Uto Ughi, potrà ospitare ad esempio Marco Beasley ed Evangelina Mascardi, che due anni fa hanno pubblicato insieme un preziosissimo disco, “Ferita d’amore”, con musica di Bellerofonte Castaldi. Il rischio, posso rassicurare la trasmissione, è minimo. La tiorbista Mascardi ha già suonato nella sua carriera con nomi come Simon Rattle, direttore dei Berliner, Sir Eliott Gardiner, Jordi Savall, Marc Minkowsky, tutti nomi a cui Fabio Fabzio sarà lieto di avere nel suo Che tempo che fa.

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