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Gomorra – la serie, indagati i produttori: “Hanno aiutato i boss a eludere indagini”

Secondo gli inquirenti, Gennaro Aquino e Gianluca Arcopinto sentiti dalla Polizia Giudiziaria, rendevano “false dichiarazioni” o addirittura “tacevano” sull'effettivo pagamento di somme di denaro, pari a 6mila euro da loro versate, a titolo estorsivo. Matteo De Laurentiis, invece, sentito dal pm e avuta, quindi, conoscenza dell'indagine sul clan Gallo, ne “svelava” loro il contenuto. E in questo modo, secondo l'accusa, pregiudicava l'acquisizione di ulteriori fonti di prova
Gomorra – la serie, indagati i produttori: “Hanno aiutato i boss a eludere indagini”
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Il lato peggiore di questa vicenda – che conta tre arresti per estorsione aggravata dal metodo mafioso è nelle accuse rivolte alla produzione di Gomorra: dopo aver subìto l’estorsione mafiosa, secondo l’accusa, hanno aiutato i loro aguzzini a eludere le indagini. E’ questo il messaggio finale della super serie di Sky, firmata da Roberto Saviano, che doveva essere invece un atto di denuncia contro la camorra. Nell’inchiesta sono indagati Matteo De Laurentiis, Gennaro Aquino e Gianluca Arcopinto. L’accusa: hanno aiutato i boss del clan Gallo a eludere le indagini sull’estorsione. Riepiloghiamo.

Il Fatto Quotidiano lo aveva anticipato già nel settembre 2013: la produzione di Gomorra aveva affittato una casa, utilizzata come set per riprendere le scene sul boss Savastano, da un vero boss di Torre Annunziata. A maggio il Fatto Quotidiano annuncia che su quell’affitto e su altri episodi era in corso un’inchiesta della procura di Napoli per estorsione. Cattleya – società che produce Gomorra – scrive più volte per smentirci. E invece la produzione – stando agli atti d’inchiesta – sapeva perfettamente cosa stava accadendo: Gennaro Aquino e Gianluca Arcopinto sentiti dalla Polizia Giudiziaria, rendevano “false dichiarazioni” o addirittura “tacevano” sull’effettivo pagamento di somme di denaro, pari a 6mila euro da loro versate, a titolo estorsivo. Ma soprattutto: Matteo De Laurentiis (produttore esecutivo), sentito dal pm e avuta, quindi, conoscenza dell’indagine sul clan Gallo, ne “svelava” loro il contenuto. E in questo modo, secondo l’accusa, pregiudicava l’acquisizione di ulteriori fonti di prova. Per il gip, tuttavia, è una condotta non penalmente rilevante. Il motivo: “Gli indagati hanno perseguito principalmente uno scopo personale, quale appunto quello di salvaguardare i propri interessi economici e bloccare il doppio pagamento, benché ne sia scaturito, come effetto che non risulta direttamente avuto di mira, il pregiudizio dell’ulteriore sviluppo delle indagini”. Le Indagini sono state svolte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata, guidato dal maggiore Alessandro Amadei, e coordinate dal pm della dda di Napoli Pierpaolo Filippelli.

Questa mattina sono stati arrestati Francesco Gallo, capo della frangia dei “Pisielli”, proprietario di “casa Savastano”, con suo padre Raffaele Gallo e sua madre Annunziata De Simone. La produzione aveva scritto a Il Fatto Quotidiano, dopo le nostre rivelazioni, definendole “false notizie chiaramente diffamatorie”, intimandoci di non scriverle ancora, annunciando di prendere altrimenti “iniziative legali”. “Quando vedrete la serie – criveva la produzione di Gomorra – capirete quanto radicalmente, e in modo nuovo, la nostra Gomorra distrugge il mito della camorra”. Oggi tre grossi calibri della produzione – De Laurentiis, Aquino e Arcopinto – sono indagati per favoreggiamento al clan Gallo. A distruggere il mito della camorra, a Torre Annunziata, incluse le estorsioni e i favoreggiamenti sul set di Gomorra, ci stanno pensando come sempre la Dda e il nucleo investigativo dei carabinieri.

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