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Divorzio breve: per una volta non facciamo come gli States

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Quando ho conosciuto Z., anche se non era un nipote “di sangue”, ci siamo tutti affezionati a lui. Si fa presto a voler bene a un bambino di tre anni preso nel mezzo di una separazione. Mio cognato si era innamorato di una donna divorziata con un figlio e Z. divideva il tempo a metà tra suo padre e sua madre: cinque giorni con uno e due con l’altro, due con uno e cinque con l’altro. Essendosi risposati entrambi i genitori, aveva una sorella da parte di madre, un fratellastro e otto nonni. Quando mio cognato ha divorziato dalla madre di Z., nessuno di noi ha più potuto vederlo.

R. ha tre sorelle, quattro fratellastri e un fratello da parte di padre. Sua madre e suo padre sono al terzo e quarto matrimonio, non so con quanti nonni e zii sia ancora in contatto ma la sua opinione sulla famiglia allargata è ” fu**ing mess“.

In America, a seconda dello Stato, si può ottenere il divorzio – se consensuale – già dopo due mesi dall’avvio della pratica e il tasso di divorzi si aggira intorno al 50% .

In Italia, la riforma per il divorzio breve ha ottenuto il primo sì alla Camera. Eravamo tra i pochi paesi rimasti in Europa ad avere ancora tempi biblici per il discioglimento legale del matrimonio. Fino ad oggi si doveva attendere tre anni di separazione prima di poter chiedere il divorzio. Se diventerà effettivo, da ora in poi, ci vorranno dodici mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per le consensuali.

E’ stata salutata come una legge che incoraggia il matrimonio, la gente non dovrebbe essere più intimidita dal dover affrontare, nel caso, un calvario giudiziario di anni. Sarà il tempo a stabilire se è vero e se le convivenze – oggi la scelta preferenziale di molte coppie (anche per ragioni economiche) – si trasformeranno in matrimoni.

Cambiare la legge è stata una scelta dovuta per proiettare l’Italia al passo coi tempi. Gli anni di limbo matrimoniale – implicito incoraggiamento ad un eventuale ripensamento – tenevano in ostaggio la vita di persone già ampiamente convinte della propria scelta, impossibilitate a guardare al futuro.

Dovremo però essere bravi a gestire il cambiamento. Diventati anche noi la società dell’usa e getta, anche emozionale, viviamo di impulsi che si sgonfiano in un click, fagocitiamo informazioni senza comprenderle fino in fondo, accumuliamo esperienze senza sentirle. Vogliamo soddisfare il desiderio nell’istante in cui nasce, siamo ingordi e viziati di pulsioni, e ce ne stanchiamo presto, spesso dimenticandocene dopo poco.

Gli States – paese al quale sembra si debba sempre fare riferimento – ci dicono che anche le relazioni, come qualsiasi altra merce di scambio, appassiscono e vengono archiviate con velocità 2.0; in media rispettivamente il 67% e 73% di secondi e terzi matrimoni finisce in divorzio.

Ora che le briglie si sono allentate, siamo destinati anche noi a seguire questa corrente? Per ora, chi si trovava nelle sabbie mobili di un legame infelice ha di che essere contento. A tutti gli altri, non resta che augurare “finché morte non vi separi“.

 

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