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Renzi, il credito della Rai e l’agenda delle priorità

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Nel 2011 il cda della Rai ha inviato al ministero dello Sviluppo economico un atto di diffida con intimazione di pagamento del debito certificato, sottoscritto dall’Agcom, per mancato finanziamento di 300 milioni di euro. Articolo 21 ha denunciato che dal 2005 la cifra che la Rai avanza dallo Stato ammonterebbe a un miliardo e mezzo.

Nonostante ciò Matteo Renzi impone alla tv pubblica un taglio di 150 milioni. Se nessuno solleva l’esistenza del debito (dovrebbe farlo il cda) sparirà. Un po’ come i personaggi dei film di Checco Zalone, tanto politicamente scorretti da diventare più che corretti. È la storia di Renzi. Dopo la sconfitta con Bersani, era dato per spacciato, poi il disastro elettorale del Pd, il ritorno di Renzi come unica alternativa: vince le primarie, diventa segretario, fa fuori Letta e dal cilindro estrae la Presidenza del Consiglio.

Nel frattempo, in Rai, lo sport del voltagabbana diventa quello più in voga e i convegni sono l’occasione migliore per fare incontri. Che tristezza vedere Gasparri, a quello dell’Usigrai, ergersi a paladino del servizio pubblico, raccontare che la sua legge è un esempio di pluralismo, dopo i favori fatti a Mediaset, gli editti bulgari e soprattutto aver impedito nel 2001, appena diventato ministro, la vendita del  49% di Rai Way agli americani di Crown Castle. L’incasso della Rai sarebbe stato di 724 miliardi di lire al netto di tasse e imposte.

Renzi, come Checco, il protagonista dei film di Zalone, fa finta di non capire e il caos con l’uso del machete diventa una strategia.

Sono due gli atti indispensabili per la democrazia che il governo dovrebbe fare: una legge (vera) sul conflitto di interessi e una nuova che regolamenti il sistema radiotelevisivo e il mercato pubblicitario in modo da seppellire per sempre quell’obbrobrio (lo sostiene l’UE) che è stata la Gasparri e che, con l’avvento del digitale terrestre, ha finito la sua funzione.
Con l’occasione Renzi dovrebbe dare alla Rai garanzie di rinnovo della concessione del servizio pubblico, solo dopo si può privatizzare Rai Way, altrimenti si rischierebbe si svendere; infine, iniziare la lotta all’evasione dell’imposta di possesso della tv, pari a 350 milioni. Il sottosegretario Giacomelli, responsabile delle Comunicazioni, non è d’accordo, ma è possibile recuperare l’imposta grazie alla bolletta dell’energia elettrica, la scusa delle troppe compagnie non regge, come è dimostrato dal recupero sia del contributo di 460 milioni per le Ferrovie dello Stato sia dei sussidi per l’energia rinnovabile.

Il Fatto Quotidiano, 14 maggio 2014

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