In un post del 9 maggio su queste stesse pagine, Gaetano Blandini, Direttore generale della Siae torna a rivendicare l’urgenza e l’importanza che il ministro Franceschini aumenti le tariffe sul cosiddetto equo compenso da copia privata ovvero il prelievo coatto dalle tasche dei consumatori italiani per finanziare i soliti noti della “cultura” italiana.

È una storia che, probabilmente, inizia ad annoiare un po’ tutti e, a questo punto, c’è da augurarsi che il ministro assuma, al più presto, la sua decisione e che poi, chi non la condividerà la impugni davanti ai giudici amministrativi, chiedendo giustizia.

C’è però un passaggio del post del Direttore generale della Siae nel quale la penna deve essere sfuggita al suo autore  facendo scrivere al top manager una gigantesca castroneria che ha il sapore del lapsus freudiano.

Blandini, infatti, parlando dell’appello che 4.000 autori italiani hanno firmato a supporto dell’aumento delle tariffe sulla copia privata, scrive: “ L’appello in favore della copia privata ha raggiunto le 4.000 firme, tra cui 500 nomi eccellenti (tra i quali, Sorrentino, Morricone, Ligabue, Paoli e tanti altri)”.

La domanda sorge spontanea.

Qual è il parametro applicato dal Direttore generale della Siae per distinguere tra le 4.000 firme in calce all’appello le 500 degli “eccellenti”? I più ricchi? Quelli i cui editori investono più in pubblicità? Quelli che vanno più spesso sulle pagine della cronaca mondana dei giornali?

È triste che mentre si rivendica la centralità della cultura italiana come traino del Paese si proponga un’immagine dei suoi protagonisti divisi tra “eccellenti” e “non eccellenti”, specie se la distinzione – che non dovrebbe affatto esistere – è affidata a parametri tanto superficiali e culturalmente inadeguati come la ricchezza o la popolarità.

Ma in fondo sono le parole del Direttore generale di un ente pubblico economico con 100 mila iscritti il cui Statuto ne attribuisce il governo ad una manciata di “eccellenti”, solo perché più ricchi. Infatti questa regola prevede che ogni iscritto abbia diritto ad un voto più un altro voto per ogni euro guadagnato.

Sarebbe bello se i 3.500 “non eccellenti” ai quali, nelle ultime settimane, gli uomini della comunicazione di Siae hanno chiesto di firmare l’appello, ritirassero la propria firma lasciando soli i 500 “eccellenti”, per sottolineare che la cultura, a differenza di quanto evidentemente pensano in Siae, non è una merce come le altre, misurabile a peso d’oro.

Ma per farlo sarebbe necessario chiedere al Direttore generale della Siae di pubblicare l’elenco dei 500 “eccellenti” o, almeno, di rivelare il criterio della sua proposta di ghettizzazione degli altri 3500.

Nota di trasparenza: assisto alcuni dei ricorrenti nel giudizio di impugnazione dello Statuto della Siae. Nonostante ogni sforzo di obiettività, la circostanza potrebbe aver condizionato talune riflessioni.

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