E’ difficile che un titolo internazionale senza attori di primo piano trovi una distribuzione in Italia. In questo caso parliamo di un film che qualche giorno prima di iniziare le riprese non aveva ancora definito il suo cast. Sono poi state scelte una modella senza una reale esperienza cinematografica e un’ottantacinquenne trovata dal produttore in una palestra di riabilitazione. Ma il film in questione, Starlet, è riuscitissimo, e le due se la sono cavata più che bene.

Il registaSean Baker ha una carriera doppia. Da un lato, ha diretto per il cinema tre film prima di Starlet, vincendo con il precedente, Prince of Broadway, il premio speciale della giuria al Torino Film Festival. Dall’altro è autore di serie tv comiche per Fox e Mtv, come Greg the Bunny e Warren the Ape.

Gli interpreti: Le due attrici protagoniste sono Dree Hemingway e Besedka Johnson. La prima, pronipote di Ernest, è una modella che avevamo già visto in una piccola parte in Un giorno questo dolore ti sarà utile di Roberto Faenza. La seconda, ottantacinquenne, dopo aver lavorato una vita in un negozio di vestiti, ha esordito davanti a una macchina da presa in questo film, morendo per un’infezione pochi mesi dopo l’uscita.

La trama: Jane è una giovane donna che vive a Los Angeles insieme a due amici. Passa le giornate a rifarsi le unghie e a fumare erba, fino a quando un giorno trova alcune migliaia di dollari in un thermos appena comprato in un mercatino. Decide allora di rintracciare la proprietaria, un’anziana e scorbutica signora, e di conoscerla meglio. Nascerà così una strana amicizia.

La recensione: E’ possibile che un uomo possa dipingere uno straordinario affresco sull’amicizia femminile? Dopo aver visto Starlet, la risposta non può che essere positiva. Ed è sorprendente come ci riesca partendo da due personaggi completamente stereotipati, per di più interpretati da due non-attrici: la ragazza superfrivola e l’anziana supersevera. Le due si conoscono, e si trasformano, durante i cento minuti del film. Lo fanno senza che succeda nulla di clamoroso, o che si dicano chissà quali verità. L’abilità del regista (e delle attrici) è proprio quella di modificare il punto di vista sui personaggi, e di creare una certa empatia nello spettatore (inizialmente del tutto assente) con piccoli gesti, con movimenti di camera, con uno stile quasi minimalista che sfugge ogni retorica o sentimentalismo. I due cambi di registro, nella scena ai limiti della pornografia e in quella al bingo, servono poi a far prendere la definitiva coscienza ai protagonisti, e il finale è una piccola poesia che non può lasciare indifferenti.

Il commento del critico: “Un lavoro impostato sui personaggi e sulla fiducia nella capacità di relazionarsi con gli altri, che crea un rapporto cross-generazionale che finisce per essere davvero speciale” – Robert Abele, Los Angeles Times

La citazione: “- Know yourself as well as you know your fuckin’ enemy… and only then will you, can you win a thousand times in a row. That is fucking 16th century ancient Chinese philosophy. Sun Tzu. – What, and this is gonna help me win Xbox? – It can help you fuckin’… It’ll help you win at life”.

Homevideo: L’edizione americana del blu-ray contiene il commento audio con gli autori e il cast, un dietro le quinte di mezzora e diversi contenuti speciali, tra i quali anche il provino di Besedka Johnson e un backstage della scena hard girata da Dree Hemingway. Sono disponibili sul web i sottotitoli in italiano. 

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