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Aborto: no all’imposizione di coscienza

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C’è voluta la storia di una donna costretta ad abortire in un bagno d’ospedale per far aprire gli occhi su quello che già il Comitato per i diritti presso il Consiglio d’Europa, oltre alla ragionevolezza comune, ha indicato: il diritto a ricevere assistenza per l’interruzione volontaria di gravidanza NON può e non deve essere annientato dall’incidenza paralizzante degli obiettori di coscienza. E non si tratta, come alcuni vorrebbero raccontare, del conflitto tra due diritti. Il diritto all’obiezione di coscienza non può e non deve trasformarsi in “imposizione di coscienza“. 

Nel campo “laico”, alcuni vorrebbero risolvere la questione abolendo il diritto all’obiezione di coscienza. Personalmente, non sono d’accordo. Credo che sia una precisa responsabilità dello Stato, del Servizio Sanitario nazionale e delle Regioni garantire entrambi i diritti. Uno dei modi (non l’unico, ma importantissimo) per ridurre l’impatto dell’interruzione volontaria di gravidanza sull’organizzazione sanitaria è quello seguito dalle Regione Toscana: la possibilità di accedere alla pillola abortiva RU486 nei consultori. Senza dimenticare che la prima arma è sempre quella della prevenzione, dell’informazione sessuale e dei contraccettivi nelle scuole, inclusa la pillola del giorno dopo che deve essere accessibile anche in assenza di ricetta medica. Quanto ai farmacisti… in quel caso l’obiezione di coscienza alla pillola del giorno dopo è solo un tentativo violento di imporre la propria volontà agli altri, e non può essere tollerato.

Come Associazione Luca Coscioni continuiamo a raccogliere le testimonianze delle donne e ad aiutarle nei tribunali, con qualche successo, sia sulla legge 40 che sull’aborto.

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