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M5S: la guerra dei cinquestelle, in marcia verso la dissoluzione

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Tra falangi macedoni e  testuggini spartane, il linguaggio bellico è finalmente sdoganato in politica. Al grido di siamo in guerra e viviamo a Stalingrado l’esercito grillino sta costruendo la propria epopea con la tecnica del training autogeno. 

Da accerchiatori si sono trovati accerchiati e, di necessità si fa virtù, per darsi e infondere coraggio non potevano che ripiegare su una terminologia che esaltasse il loro sacrificio personale e rendesse onore al loro essere semplici cittadini, partecipi del corso della storia.

Gli streaming processuali impongono forme di intrattenimento che finalmente liberano gli italiani dallo spettacolo della politica per imporre, alla attenzione del mondo, la politica dello spettacolo con pianti liberatori, fatiche notturne e tensioni nervose. Dal basso della trincea in cui sono convinti di vivere, marciano compatti verso forme di dissoluzione in cui l’urlo di battaglia “tutti a casa”  proditoriamente inverte la direzione e pare rivolto a loro stessi.

Non c’è bellezza in questo movimento ma sopratutto non c’è alcuna ironia che della bellezza è la forma più immateriale e intelligente. Difetta, semplicemente è assente, latita e non riesce a fare capolino tra la rabbia e l’arroganza con cui riescono a fare di ragioni anche valide un indigeribile pastone di autocelebrazioni, rivendicazioni, lamentele, insulti e contumelie, urla e caciara.

Uno smarrimento concettuale e politico che viene contrabbandato come forma nuova dell’agire sociale che rischia di essere sepolto non tanto da una risata di cui sono incapaci ma dalla presunzione di chi si pensa e si vive migliore degli altri. In tale scenario, ogni riferimento al dissenso che va ascoltato o alla democrazia ferita appare privo di significati perché non può esserci dissenso o democrazia in una guerra.  

Spiegare, al contrario, che la guerra la vivono solo loro, nella immaginazione delle loro menti e nel lucro dei loro generali, appare compito più da psichiatri che da commentatori  di politica.

Se fosse in vita Jacovitti li potrebbe ben rappresentare.

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